La lentezza è ascolto ed attesa, è un andare adagio, uno scorrere diverso del tempo.
La nostra è un’epoca in cui il suono e le parole imperversano le cronologie e i luoghi destinati al raccoglimento, alla concentrazione intensa e continuata e all’autoanalisi si riducono sempre più (Rossi, 2016, 73). Nel definire la cifra di una pedagogia della lentezza prendiamo a prestito solo alcuni pensieri attorno al tempo e al significato che ci perviene da filosofi del passato e del presente, senza alcuna pretesa di esaustività.
L’ideale valore di lentezza ricorda la concezione di Aristotele, di buona vita, presentata nell’Etica Nichomacea. Per Aristotele, le tre vite preferite sono la vita di gratificazione, la vita di attività politica e la vita di studio. Il lavoro lento è un’indagine che dura tutta la vita sul mondo e sull’essere umano, con l’obiettivo di raggiungere la vita buona, quella che vale la pena vivere.
La lentezza abbraccia la filosofia, il discorso, la parola, il concetto di tempo, riprendendo il dialogo socratico: “Perché gli uni [i filosofi], come tu dici, hanno sempre tempo libero e compongono in pace e in ozio i loro discorsi” (Platone, 172b; Casertano 2002).
Seneca nel suo De brevitate vitae (49 d.C.) si è soffermato sulla disamina e fugacità del tempo. Esso in sé non è veloce nel suo scorrere, la percezione del tempo sarebbe condizionata dalle scelte, dalla vita soggettiva. “…il fatto è che tutti prendono in considerazione lo scopo per cui si chiede di impegnare il tempo, ma nessuno valuta il tempo in sé: lo si chiede, come se fosse una cosa da nulla, e, come se non fosse niente lo si concede. Eppure, si gioca con la cosa più preziosa che ci sia…”.
Per Seneca è la durata dello spirito e non del tempo a restituire la dimensione del presente, il filosofo invita a vivere nel qui ed ora “protinus vive”, a riconquistare il presente, senza dimenticare il passato e riflettendo sul futuro per essere maggiormente consapevoli e responsabili.
“Che cos’è il tempo? chi potrebbe spiegarlo facilmente e brevemente? chi potrebbe comprenderlo per dire una parola di esso o col pensiero?” (Agostino, Confessioni). Agostino ci introduce in una rivisitazione ontologica del tempo, che definisce come un’estensione dell’anima, rintracciabile nell’animo umano: “In nessun tempo tu non avevi fatto qualcosa, perché tu avevi fatto il tempo stesso…e nessuno dei tempi è coeterno a te, perché tu permani; ma se essi permanessero, non sarebbero tempi” (Id).
Le relazioni spazio-temporali non apparterrebbero al mondo delle idee, esse non sarebbe possibile conoscerle, ma solo percepirle: noi non dovremmo accettare come ragionate le osservazioni che facciamo sullo spazio e sul tempo, dato che in nessuno di questi casi lo spirito va oltre ciò che è immediatamente presente ai sensi. Tutti i fenomeni sono nel tempo e stanno necessariamente fra di loro in relazioni temporali. Possiamo sopprimere con il pensiero i fenomeni che sono nel tempo, ma non possiamo mettere da parte il tempo stesso, perché esso è dato a priori, è condizione del loro presentarsi (Kant, in Salvucci, 1996, 62).
È il tempo presente l’orientamento di Schopenhauer e di Nietzsche, hanno in comune il medesimo interesse di fornire una visione del mondo e dei suoi significati, seppure il loro credo e le posizioni furono differenti. Per il filosofo polacco l’esistenza è determinata in un tempo e in uno spazio, per il filosofo tedesco invece, la concezione del tempo è in un continuo mutamento, ogni attimo attraverso la propria volontà può essere rigenerato. Per Proust (1913) il tempo diventa occasione di speranza e felicità, attraverso un ricordo improvviso e spontaneo suscitato dal passato e sollecitato da eventi o pensieri del presente. Sono le esperienze a trasportare il soggetto in una realtà quasi fuori dal tempo stesso, che fuggendo dal presente permette una ricerca entro cui meravigliarsi. Esiste un tempo che fa parte del nostro vissuto, non esistono singoli istanti ma un continuo fluire non scomponibile, in quanto tempi vissuti nella coscienza di ognuno. Il concetto di tempo non è più solo quello misurato e definito dalla scienza, ma ad esso si affianca quello della vita degli individui (Bergson, 2012). Per Lévinas (1987) il tempo è occasione per una iniziazione all’alterità, al darsi all’altro, allontanandosi da una concezione quantificabile. Si tratta di una lentezza che si esplica nel dialogo delle relazioni umane.
Levine (1997) considera una distorsione la velocità con cui il tempo è percepito da una serie di fattori, ognuno dei quali può avere effetti profondi su come il ritmo della vita è vissuto da ciascuno. Dalle esperienze sistematizzate e raccontate nelle sue geografie del tempo, affiora una sorta di multi-temporalismo, individuale e sociale, con il quale fare i conti.
Potremmo paragonare la lentezza, infine, all’arte di camminare una attività essenziale, che nel suo dispiegarsi è già di per sé fiacca, occasione per immergersi nel cuore di un ambiente, di accorgersi dei dettagli del percorso e offrire i mezzi per appropriarsene (Le Breton, 2015, p. 45), un universo familiare e necessario e che tuttavia non è mai lo stesso, come un’aula scolastica percorsa dall’insegnante e dagli alunni. L’andare dell’essere umano è alla velocità naturale, così da afferrare con facilità attraverso lo sguardo e il pensiero la conoscenza e la saggezza (Thoreau, 2016).
Stare lentamente, guardare lentamente, sostare lentamente, può essere una via, primariamente educativa, un percorso per imparare e consolidare un insegnare a vedere, sia in senso pedagogico ed etico, sia in senso metodologico e nell’esercitarlo imparare ed apprendere (Gola, 2021).
Riferimenti principali
Agostino A. (354-430), Confessiones XI, 14.
Aristotele (1973), Etica Nicomachea (trad. it.), Roma-Bari, Laterza.
Bergson H. (2012), L’evoluzione creatrice, tr.it. Milano, BUR.
Casertano G. (2002) (a cura di), Il Teeteto di Platone: struttura e problematiche, Napoli, Loffredo Ed.
Gola G. (2021). Per uno sguardo lento sull’educazione, Journal of Critical Thinking on Pedagogy, 20, 2, 79-95, http://www.giornaledipedagogiacritica.it/index.php/gdpc/article/view/207.
Heidegger M. (1998), Il concetto di tempo, Adelphi Edizioni.
Le Breton D. (2012), Marcher. Èloge des chemins et de la lenteur, Paris, Ed. Métailié (trad. it Id, 2015, Camminare. Elogio dei sentieri e della lentezza, Roma, Ed. Cammini).
Levinas E. (1987), Il Tempo e l’Altro, Genova, Il Melangolo.
Levine R. (1997), A Geography Of Time: On Tempo, Culture, And The Pace Of Life, New York,
Rossi B. (2016), Ascoltarsi, in Pedagogia Oggi, 73-83.
Proust M. (1913), A la recherche du temps perdu, [Id. (1950) (trad.it), Alla ricerca del tempo perduto, Torino, Einaudi].
Salvucci (1996). Kant e la temporalità, Studi Urbinati, 67, 61-91 (reperibile on-line: https://doi.org/10.14276/2464-9333.1546; consultazione 10.08.2021).
Seneca L.A. (49 d.C.), De brevitate vitae, (trad. it. De brevitate vitae. Con alcune lettere a Lucilio; C. Signorelli ed.).
Thoreau H.D. (2016), A year in the wood, (trad. it, Walden, ovvero Vita nei boschi, Milano, La Vita Felice).