Blognotes 08
Blognotes 16

RISCHIO è il tema del numero più recente di Blognotes 16

Articolo presente in

L’ultima intervista a Leonardo Zanier

di Alessandra Kersevan

L’ultima intervista Leonardo Zanier, Leo su Leo, Libro e dvd, Ed. Kappa Vu

simpi di plui si zura / si barufa / si spostin cunfins / si si sbugjela / si fasin gueras / pa santissima identitât

È una conversazione sull’identità, tema che Leo Zanier ha affrontato durante tutta la sua vita, reale e poetica, dal tempo dell’esperienza di emigrazione in Svizzera, e che lo ha coinvolto personalmente, politicamente e culturalmente. Ne aveva parlato e scritto in maniera ironica, come si desume dai primi versi di questa poesia diventata famosissima e molto citata in messaggi di pace, contro le discriminazioni razziali e le guerre della fine del Novecento, o come in “Cjermins/Grenzsteine/Mejniki”, in cui metteva in evidenza la “mobilità” dei confini e quindi delle identità. Ma qui, in questa conversazione con il regista Stefano Lizier, tratta la parola con toni duri senza mediazioni retoriche: «Per me identità è una parola pericolosa». Il riferimento è alle guerre che può provocare, come quella di Jugoslavia di trent’anni fa che lo aveva molto colpito, quale conferma dei possibili effetti nefasti di un fondamentalismo identitario che negli anni Novanta era emerso, come da miasmi sotterranei, anche nella società italiana e, segnatamente, friulana.

Il suo discorso diventa icastico nella semplicità del suo argomentare: tra friulani ci sono somiglianze, come la lingua, compresa da tutti pur nelle tante varianti, ma ci sono anche molteplici differenze, che diventano via via più particolari, frammentate fino a far coincidere l’identità con la biografia delle singole persone, un’identità che si evolve, con le esperienze, i fatti della vita e i modi in cui ognuna/o di noi può o sa agire e reagire. È su questo percorso di riflessione che ci racconta, quasi come esemplificazione, la propria storia, da bambino in Carnia fino alle prime esperienze di emigrazione e poi la Svizzera, il luogo del confronto con tante realtà diverse e della maturazione culturale e politica… Percorre questa storia personale leggendo alcune delle sue poesie, quelle che gli sembrano più rappresentative, più efficaci, più pertinenti:

La int nas distès, che io ricordo anche con il titolo di Gjocui, cioè “capretti”, la metafora usata per esprimere la libertà di loro bambini nei prati di Maranzanas, il suo paese, e la costrizione poi del dover andare appena si comincia a capire;

e poi “Dulà sono lâts”, con lo sgomento per le case disabitate di Maranzanas sempre più numerose (e la cjasa dulà ch’a vivevin / vôs amigas / cussì nêra e studada a fâs poura);

e “Parcè a mi Signôr”, sulla condizione delle donne che restano, pensando – credo – a sua mamma Lisuta, sempre presente nella sua scrittura.

Tutte e tre queste poesie, tratte da Libers… di scugnî lâ, la prima raccolta (1964), quella più direttamente autobiografica, e anche la più famosa, con infinite traduzioni dal tedesco allo sloveno e al croato, all’inglese allo svedese e all’arabo, segno quasi, simbolo, dell’universalità della condizione di emigrante. Ma in filigrana, nel suo raccontare ci sono i temi di tutte le altre sue raccolte, il discorso contro la guerra di Che Diaz… us al meriti e poi di Sboradura e sanc, Usmas, Licôf, Il Câli, in cui troviamo ancora l’identità, ma declinata nel senso di una cultura “altra” da quella dominante, e poi ancora l’emigrazione con un pensiero particolare a Marcinelle (Marcinelle / Vajont / Chernobyl).

Avvicinandosi a noi nel tempo, il discorso si ferma sul terremoto, fattore che rappresenta nella storia del Friuli e della Carnia un nuovo confine, questa volta temporale, tra un prima e un dopo. Una cesura col passato, con la tradizione, che Leo, secondo uno dei tratti caratteristici della sua personalità, vede sì come una tragedia, ma anche un’occasione da cui ricominciare con maggior energia e una nuova visione. È così che racconta l’esperimento dell’Albergo diffuso, progetto maturato con l’apporto di tante idee, anche di persone, istituzioni e accademie “foreste”, per la rinascita e il ripopolamento dei borghi, con nuove occasioni di lavoro. Ma c’è anche la la profonda delusione per gli esiti dell’esperienza; nel sottofondo del suo narrare si legge un altro aspetto del suo modo di pensare: i tecnici, gli esperti, gli scienziati sbagliano quando non tengono conto delle conoscenze, della storia, della sensibilità della gente del luogo, maturata nei secoli in un profondo rapporto con il territorio e con la cultura del luogo e dei luoghi. Concetti che aveva espresso magistralmente con l’efficacia della poesia (che è «un strument di comunicazion, anzi forsi il plui efficace, parcè ch’al è na sintesi totâl») in tanti suoi testi, tra cui ricordo “Viva la lisina!” e il poemetto “A Mabile PRG” (in Licôf), e che qui, nell’intervista, esprime con la lettura di “Di bessoî”, in cui credo raggiunga il massimo della sua capacità di sintesi ironica, su un argomento che sembra ormai quasi intoccabile, quello dell’ambiente, di cui lui distrugge, con un’acuta inversione del senso comune, la trattazione sempre più retorica di un certo “ambientalismo” di maniera.

Dopo queste “digressioni” di impegno concreto politico e sociale, Leo ritorna al filo rosso della sua vita, agli ultimi anni, alla malattia, all’ospedale, con quello che definisce, con un  ironico, ma volutamente divertente, gioco di parole, il suo «curriculum mortis» (non gli è mai piaciuto il “piangersi addosso”, né delle persone, né delle comunità e dei popoli).

Ma vuole concludere con la vita, e il ricordo ritorna a Libers… di scugnî lâ, alla lettura di “I vevi voia di strenzi una femina…”, con un breve commento finale, spiazzante, a quella che si rivela così la più intima e personale espressione della sua autobiografia poetica.

Leo su Leo è quindi un documento importante, per conoscere l’uomo, lo scrittore e il poeta, e gli svariati e intriganti meandri del suo sottile e fertile pensiero, del suo agire e della sua enorme energia culturale, sociale e politica.

Stefano Lizier, regista di una generazione molto più giovane e con esperienze necessariamente molto diverse, ha saputo restituirci in maniera a tratti commovente, col montaggio e la scelta delle musiche, l’immagine fisica, morale e culturale di un poeta, un sindacalista, un organizzatore, un idealista che non deve essere dimenticato.

in questo articolo disegni di © Emanuele Bertossi (compreso quello di copertina del libro Leo su Leo), artista friulano, grafico e illustratore nell’am- bito dell’editoria per ragazzi. Per Leonardo Zanier ha illustrato: Linea dreta Linea di- ritta, Favola carnica per dormire, (2006) Edizioni Urban center, Villesse (Go) e Kosa-kenland Taccuino d’artista N°10 – (2014) Edizioni Studio Fabbro, Maniago (Pn)

Nel libro, a cui il DVD è allegato, si pubblica la trascrizione del testo originale dell’intervista (in friulano carnico, con i frequenti inserimenti lessicali in italiano, come capita nel dialogare “in libertà”) e le traduzioni complete in italiano e in inglese. È corredato da alcune foto che ritraggono Zanier (di Ulderica Da Pozzo e di Paolo Medeossi e da disegni di Emanuele Bertossi).

Si sono poi inseriti i ricordi di una decina di amici, che raccontano aneddoti, situazioni, momenti particolari vissuti con Leo, brevi testi che danno l’idea dell’importanza che Leonardo Zanier ha avuto nella formazione di tanti personaggi del mondo sindacale, economico e culturale friulano.

Un uomo, un poeta, un maestro delle cui parole, della cui sapienza e capacità di sguardo “altro” e profondo delle cose, della cui presenza e vitalità, sentiamo tutti la mancanza.