Bellezza da pensare: Spunti per una riflessione sul bello
La bellezza. Ovvero tutto, viene da dire con facile aforisma, visto che la bellezza è in fondo la meta di ogni nostro pensare, il profilo di ogni nostro orizzonte. Basta declinarla in ogni contesto e riempie la nostra vita: bellezza di un sorriso, di un mattino al mare, di un quadro, di una donna, di un gesto. Ma tanto pervasiva e totalizzante quanto inafferrabile perché a voler dire cos’è, a volerne dare una definizione nulla risulta più sfuggente e difficile da trovare. E soprattutto nulla su cui la storia delle idee si sia accanita così ferocemente nello sforzo di trovare quel quid che facesse la differenza: ciascuna epoca ha detto la sua e la contemporaneità ha finito per mescolarne definitivamente le carte.
Una semplice carrellata che deve stare in poche facciate diventa al più un’escursione, di necessità limitata
a pochi esempi, ma è già sufficiente a mostrare gli infiniti punti di vista da cui si può guardare la bellezza (perché la bellezza si guarda, essenzialmente, o meglio, ti guarda, come a volte ho la sensazione che accada).

Da dove partire? Platone? Certo, Platone che sulla bellezza esercita tutta la sua visione dell’esistente come fosse il campo elettivo. Ci sono le bellezze singole, magari effimere, imperfette, Elena, Frine, il fiore, “l’aurora dalle dita di rosa”, e poi ci sarà la Bellezza perfetta, ideale, l’idea di bellezza, l’Idea. Che a cascata ha invaso tutta la cultura occidentale, detto fra parentesi. E allora leggiamo, o rileggiamoci il Fedro o il Simposio dove impariamo come la bellezza possa guidare l’anima in un percorso che sale dalle apparenze mutevoli del mondo sensibile verso il mondo delle idee, dove la dialettica si fa verità. Per attivare questo percorso occorre una volontà, un’attrazione forte che Platone identifica nell’amore. Nelle parole di Diotima, che Socrate riporta nel Simposio, si parla di una sorta di scala dell’amore, un percorso ascendente che dalla bellezza fisica progressivamente, di gradino in gradino, conduce alla Bellezza assoluta, alla contemplazione libera e disinteressata di un’idea. Da qui la lunga (e a tratti perniciosa) trafila di Beatrici e Laure ed Ermioni e magari anche Crizie che hanno costellato la poesia occidentale, e la splendida galleria di Primavere, Veneri che emergono dalle acque, dame con e senza ermellini. Ma intanto un’indicazione interessante da cogliere: la bellezza è qui o è là? Siamo affascinati da questa immagine, nella sua dimensione unica ed effimera, oppure essa è solo un’incarnazione provvisoria e imperfetta di una bellezza che sta oltre? Quella mano che ti stringe la bocca dello stomaco davanti a una cosa bella (l’immagine è di un mio amico carissimo, di solito applicata a qualche apparizione femminile…), quel crampo che ti toglie il respiro è solo il desiderio biologico di possedere, che si esaurisce dopo poco allo spegnersi della fiamma, o è l’anelito ad altro, a qualcosa di superiore?
I Greci ci hanno pensato molto, cercando di mettere in relazione il bello con altri nodi concettuali importanti. Ricerca del bello e ricerca del vero e del buono vanno di pari passo, sulla scia di quell’idea greca di kalokagathìa che da Omero in su resta fissa nell’immaginario ellenico: ciò che è bello non può che essere buono. Achille è bello, indiscutibilmente bello quanto Tersite è brutto, Elena è bellissima e non si può capire in alcun modo come possa aver creato il disastro che ha creato (di sicuro non sarà colpa sua, garantisce Saffo), e nemmeno Frine può essere colpevole visto che Iperide durante il processo la mostra nuda ai giudici in tutta la sua bellezza sfolgorante.
Ai Romani la cosa pare interessare di meno e l’arrivo del Cristianesimo segna un periodo decisamente sfavorevole per la bellezza: il bello terreno, soprattutto la bellezza dei corpi, la bellezza femminile, sono incitamento al peccato e più di una fanciulla sarà bruciata nel Medioevo perché troppo bella, diabolicamente bella.
Ma non intendo fare una storia della bellezza, ci vorrebbero mille e più pagine e non sono da tanto. Del resto qualcuno l’ha già scritta, ed è un testo bellissimo (scusate il gioco di parole) che val la pena di comprare, tenere sul comodino, leggere e rileggere. Mi riferisco a Umberto Eco (1), è lui che ripercorre magnificamente questo cammino affascinante che l’idea di Bellezza ha tracciato nel corso dei secoli. Altro che valore assoluto e atemporale! La Bellezza fisica, o divina che fosse, ha assunto forme diverse secolo dopo secolo: vi è una bellezza armonica, apollinea, basata sull’ordine e la proporzione (da Pitagora alla sezione aurea, dalla geometria del Partenone al Canone di Policleto giù giù fino ai trattati di Leon Battista Alberti, del Pollaiolo o di Piero Della Francesca). Ma vi è anche una bellezza dionisiaca, la bellezza del disordine e della vitalità incontenibile. Vi sono certe fascinazioni strane come la ricerca della mostruosità nel Medioevo o nelle opere di Bosch, o la bellezza identificata nell’armonia delle sfere celesti nel Rinascimento. Una dimensione indefinibile, sfuggente, misteriosa nel periodo romantico, ma poi una dimensione problematica, scalfita dall’ironia, dall’inquietudine, dal paradosso nel Novecento. Umberto Eco insomma traccia un percorso che attraversa la storia di un’intera cultura dal punto di vista iconografico e letterario-filosofico e diviene contemporaneamente una meravigliosa storia dell’arte, dell’estetica, ma anche e soprattutto la storia delle nostre illusioni e delle nostre contraddizioni.
Perché la bellezza ha inevitabilmente una dimensione etica, ci parla dentro e ci chiama ad assumere una posizione, rispetto al mondo, rispetto alla nostra vita. A questa importante domanda ci chiama un altro meraviglioso autore, Philippe Daverio (2). In forma divulgativa ma sempre molto puntuale e precisa, come ci ha abituato la penna magistrale del maestro Daverio, purtroppo scomparso da qualche anno, ripercorriamo i termini di questa idea, i diversi modi in cui essa fu messa a fuoco e pensata nei secoli. Attorno alla bellezza si intersecano molte altre discipline, dalla letteratura alla vita quotidiana, dalla storia alla filosofia, all’etimologia con i segreti che a volte essa rivela per tracciare l’evoluzione di questo concetto fondamentale attraverso i secoli. In un raffinatissima danza fra le parole (pulcher è diverso da formosus; come cambia il concetto di grazia, charis, con l’avvento del cristianesimo? Come viene pensato il bello nel Rinascimento?) Daverio traccia con coraggio una linea dottissima e vertiginosa che attraversa i momenti salienti del pensiero, da Platone al Medioevo, da Leonardo da Vinci a Goethe, dalla divina proportio all’armonia di Giotto. Alla fine del percorso l’autore ci trascina proprio dentro il punto fondamentale su cui riflettere oggi: se la bellezza ha in sé non solo un significato estetico, ma anche un valore etico, oggi che ruolo ha? Dov’è? Cos’è? E allora la nota frase di Dostoevskji per cui «La bellezza salverà il mondo», si può rovesciare richiamandoci all’urgenza di salvare la bellezza per salvare noi stessi e la nostra civiltà, in un tempo come il nostro in cui, persi fra arte concettuale e pubblicità invadente, non sappiamo più davvero che cosa sia questa strana cosa chiamata bellezza. Ancora più dentro questa dimensione etica della bellezza ci richiama anche un altro grande autore,Vito Mancuso (3) che parte da un dato di tutta evidenza: il nostro stupore davanti a oggetti “belli”, fossero pure un sasso, una foglia, e l’incanto che proviamo davanti a un volto o un dipinto o una melodia.
La bellezza è epifania, manifestazione di qualcosa, forse della verità. Occorre superare l’aspetto superficiale delle cose e dei corpi per approfondire il senso più intimo, fatto di armonia e grazia, E la domanda ritorna, urgente: quali gesti, quali abitudini possiamo mettere in atto per recuperare il nostro rapporto con la bellezza, superare l’indifferenza e tornare a commuoverci davanti all’epifania? Ricercare la bellezza è un modo, il modo, per onorare il nostro compito umano in questi tempi di nichilismo imperante. La bellezza diventa così speranza di salvezza per noi e per il mondo. Un pensiero in fondo simile a quello già proposto da Edgar Morin che proponeva proprio il tema della bellezza come elemento fondamentale per la salvezza della condizione umana (4).

Come si vede inseguire questo tema in un pur rapido excursus ci ha portato inevitabilmente a riflettere sul concetto di bellezza nella contemporaneità. Compito non facile perché il Novecento e ancor più il nuovo millennio ci hanno abituato (ma non siamo ancora abituati…) a visioni del mondo divergenti e davvero inconsuete, sia nell’ambito dell’arte che della scienza. Segnata dall’eccesso di immagini e stimoli5. La categoria dell’eccesso mi sembra davvero quella dominante: la bellezza è ostentata ovunque, ricercata con ogni mezzo e artificio, nel corpo femminile, nella moda, utilizzando ogni possibilità fornita dalla tecnica (fotografia ad altissima definizione, luci particolari, perfino la chirurgia). Alla bellezza naturale si è affiancata sempre più una bellezza costruita, magari a tavolino o in un’azienda di marketing, mentre la moda sempre più sembra imporre visioni nuove di bellezza. Fino a provocazioni che capovolgono letteralmente l’idea di un canone dato a priori: nell’arte e nella moda è ormai usuale che lo stupefacente, magari l’anomalo o addirittura l’orrido invadano spazi che prima erano riservati al bello. Del resto è chiaro che davanti alle contraddizioni della modernità la bellezza non potesse uscire indenne: il bisogno di provocare, scandalizzare, denunciare tante assurdità della vita odierna sono passate sulla bellezza come dei carri armati. E non sarà allora un caso che si ritorni oggi con altri mezzi a porsi l’antica domanda: cos’è dunque la bellezza? Tentando magari altre vie o altri livelli di indagine, per ridare un fondamento a questo concetto che sembra averlo smarrito.
Un tema centrale nel dibattito contemporaneo è ovviamente il rapporto fra la bellezza e quello che è di fatto diventato il faro che orienta il nostro mondo contemporaneo, ne guida le scelte, ne disegna il futuro, ovvero la scienza (6).
All’ambito scientifico si sono affacciati di recente tutta una serie di studi che analizzano il rapporto fra la bellezza e l’evoluzione: questa capacità strana di riconoscere cose belle è innata? È già presente negli animali? Si è sviluppata nel percorso evolutivo (7)?
L’arte ci accompagna sin dalle prime civiltà che hanno imparato ad utilizzare il fuoco ma si tratta esclusivamente di una esperienza estetica, un piacere fine a se stesso, oppure essa è legata ai nostri istinti primordiali e ai nostri bisogni di adattamento? Magari attraverso quel potente mezzo psicologico che è l’empatia cioè la capacità di comprendere le emozioni e le intenzioni del prossimo, utile soprattutto per la sopravvivenza in società ma anche fondamentale per l’avvio di ogni azione artistica.
Né sarà un caso che riprendano vigore in corsi universitari e manuali gli studi di estetica (8), quasi si sentisse l’urgenza di fare il punto, di ripercorrere delle tappe antiche per rifondare un concetto perduto, assumere una prospettiva distante per capire dove stiamo andando.
Alle neuroscienze sarà di riservare un ultimo riferimento visto che questa è forse la frontiera più recente e promettente nel campo delle ricerche sulla bellezza. Cosa succede nel cervello quando percepiamo qualcosa di bello? È possibile definire la bellezza una volta per tutte andando alle radici fisiche, biologiche?
Oggi le nuove tecnologie di analisi e rilevamento delle dinamiche chimiche ed elettriche a livello neurale ci consentono di entrare in qualche modo in questo tabernacolo finora segreto. Si tratta, per dirla con le parole di Changeux (9), di “Comprendere come il nostro cervello intervenga nella relazione tra l’essere umano e l’opera d’arte”.
Un percorso divenuto possibile e senz’altro promettente, nella speranza che si risolva il mistero che sta dietro a questa cosa misteriosa che è la bellezza.
O forse no, perché la bellezza dei misteri è forse quella di restare tali…
1. Umberto Eco, La Storia della bellezza (a cura di), Bompiani 2004. Ma non possiamo che consigliare di completare la trilogia con la Storia della bruttezza del 2007, una sorta di complemento al libro precedente, e con la La vertigine della lista del 2009, un geniale e originalissimo lavoro sul significato degli elenchi e delle enumerazioni nella poesia e nell’arte.
2. Philippe Daverio, Che cos’è la bellezza, Edizioni Solferino 2022.
3. Vito Mancuso, La via della bellezza, Garzanti 2018.
4. Edgar Morin, La via. Per l’avvenire dell’umanità, 2011.
5. Indicheremo soltanto un paio di testi: Mario Perniola, Estetica contemporanea, 2011, in cui si analizzano le nuove forme della bellezza nell’arte e nella società contemporanea, e Gillo Dorfles, Horror Pleni. La (in)civiltà del rumore, 2008.
6. Ci limiteremo a due classici come John D. Barrow, La formula della bellezza, 2012, in cui si esplora il legame tra matematica, simmetria e bellezza, o Ilya Prigogine, La fine delle certezze, 1997, che analizzando i nuovi orizzonti della fisica tocca il concetto di bellezza nell’ordine e nel caos della natura.
7. Un titolo per tutti, quello di Denis Dutton, Istinto d’arte. Bellezza, piacere e evoluzione umana del 2009 che appunto analizza la bellezza da un punto di vista evoluzionistico e neuroscientifico.
8. Si veda la completissima e recentissima Storia dell’estetica occidentale. Da Omero alle neuroscienze, di Fabrizio Desideri e Chiara Cantelli, uscita nel 2008 ma ristampata nel 2020 con importanti aggiornamento sulle nuove frontiere della ricerca estetica nell’ambito delle neuroscienze, delle scienze cognitive e della psicobiologia. Più abbordabile Il primo libro di estetica a cura di Andrea Pinotti (2022) che parte dalla predisposizione naturale al “sentire” per riflettere sul giudizio di bellezza fino alla necessità di una vera e propria espressione artistica.
9. Fra i tanti libri usciti di recente ricordiamo almeno Jean-Pierre Changeux, Neuroscienze della bellezza, Carocci 2020, che analizza sia le dinamiche della percezione dell’opera d’arte sia quella della sua creazione attraverso il filtro del rigore scientifico.
Indice
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