Un discorso sulla bellezza si può fare anche per sottrazione e lo spunto lo troviamo in un episodio recente: la controversa creazione di un artista concettuale è stata venduta all’asta per 6,24 milioni di dollari, nonostante la sua natura intrinsecamente effimera. L’acquirente, un miliardario del mondo delle criptovalute, ha poi proceduto alla sua estinzione materiale mangiando l’oggetto davanti a una telecamera.
Mi riferisco a Comedian di Maurizio Cattelan. La notizia del suo astronomico prezzo di vendita e il successivo video dell’epilogo iconoclasta sono diventati immediatamente virali.
Il pezzo consisteva in una vera banana attaccata al muro della casa d’aste con del nastro adesivo. Era accompagnata da istruzioni per ogni futura installazione, in cui si prevedeva la sostituzione del materiale fisico, e da un certificato di autenticità firmato dall’autore.
Sorgono spontanee alcune domande e riflessioni sull’annoso dibattito circa significato dell’arte. Cercherò di affrontarle citando le parole dei protagonisti e aggiungendo alcune considerazioni personali.
Che cosa voleva esprimere Cattelan scegliendo quell’oggetto specifico e abbinandolo a quel titolo?
Intervistato da una rivista d’arte nel 2021, l’autore aveva definito la sua installazione “un commento sincero su ciò che apprezziamo”. Parole davvero provocatorie, soprattutto se si considera il significato metaforico legato alla forma del frutto in questione. Il titolo amplificava l’effetto, innescando un’associazione con le famose gag legate alla buccia scivolosa del frutto. Va detto che le parole dell’autore erano anche lungimiranti, alla luce del recente prezzo di vendita all’asta. Inoltre, non erano prive di autoironia, poiché, a ben vedere, il pronome inclusivo “noi” comprende bene i 120.000 dollari che Cattelan aveva incassato vendendo la sua creazione del 2019 al collezionista che, a sua volta, l’ha messa all’asta.
Che cosa ha motivato l’acquirente nel suo stravagante acquisto e nella successiva performance istrionica?

L’aggiudicatario ha dichiarato nel comunicato stampa: ‘Questa non è solo un’opera d’arte. Rappresenta un fenomeno culturale che unisce i mondi dell’arte, del meme e della comunità delle criptovalute”. Ebbene, non si può negare che qui siamo nel regno della virtualità, dell’astrazione, della creatività ridotta a puro concetto. In questo contesto, mangiando la banana l’acquirente ha portato a compimento la smaterializzazione del suo acquisto “onorando – per citare le sue stesse parole – il suo posto sia nella storia dell’arte che nella cultura popolare”. Ecco qua: l’arte portata al punto zero e un cripto-miliardario in cerca di attenzione che acquista la sua visibilità negli annali del mercato dell’arte.
Qual è lo ‘stato dell’arte’ di quel mercato?
Come ben evidenziato da Federica Schneck in un recente articolo (www.finestresullarte.info/en/opinions) “il mercato dell’arte è sempre più nelle mani di un esiguo numero di nomi e istituzioni, con pochi artisti che raggiungono cifre da capogiro e aste milionarie che si trasformano in spettacoli in cui ricchi collezionisti competono per acquistare i pezzi più desiderati”. L’’interesse, come nel caso di Comedian, risiede più nel loro potere di attirare l’attenzione che nel loro significato artistico. In questo quadro, gli algoritmi e le piattaforme sociali premiano chi ha già visibilità e contribuiscono a gonfiare la bolla del mercato, lasciando poco spazio agli artisti indipendenti.
Ciò detto, quale conclusione si può trarre?

A mio parere, Comedian ha aggiunto ben poco a un processo che è iniziato con l’Orinatoio di Duchamp e ha raggiunto il suo culmine con il famoso quadro auto-triturante di Bansky venduto da Sothesby’s nel 2018. A pensarci bene, un ulteriore sberleffo al mercato dell’arte è stato fatto da Salvatore Garau nel 2021, quando ha venduto per 15.000 euro una scultura invisibile chiamata Io sono.
A mio avviso, il vero record di Cattelan è l’incredibile prezzo di vendita di Comedian nella recente asta, il quale dimostra fisicamente e metaforicamente come il mercato dell’arte sia impazzito, al pari di molti altri settori della nostra società globalizzata, che premia la spettacolarizzazione e marginalizza tutto ciò che non dà un immediato profitto economico. In questo senso, la sua critica è pertinente. Ma a questo punto, e con poche eccezioni nell’ambito dell’arte concettuale, la declasserei a mera comunicazione o, per scegliere un compromesso, ad artificio. Per me opera d’arte è altra cosa e non può esistere senza riferimenti estetici, culturali e identitari.
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