di Carolina Russo
Ho 17 anni e quando ne avevo 14 ho iniziato a soffrire di disturbi del comportamento alimentare. Se oggi posso raccontare la mia storia è grazie alle terapie che mi hanno salvato la vita, permettendomi di riscoprire il mondo e la bellezza che lo abita. La parola terapia deriva da un termine greco, “therapeia”, che designa l’arte di mettersi all’ascolto e al servizio di qualcuno, e così hanno saputo fare meravigliosamente i medici e tutti i professionisti che mi hanno accolta e curata. Esatto, perché pur essendo stata ricoverata in ospedale, non ho ricevuto aiuto esclusivamente sul fronte medico, ma è stata data particolare attenzione anche alla cura di mente ed anima. Mentre i dottori si occupavano del corpo, e lo psicologo della mente, il laboratorio di scrittura creativa è stato in grado di risvegliare la mia identità, donandole nuovi spunti di rinascita.
In ambulatorio il medico, primario della pediatria, mi accoglieva con affetto ma mi curava con fermezza: ricordo bene i suoi duri discorsi, volti a muovere la mia coscienza verso la guarigione e il controllo del peso, accompagnato dagli appositi provvedimenti.
Ogni giorno i medici del reparto venivano a visitarmi e ad assicurarsi scrupolosamente che le cose stessero andando nella giusta direzione, mentre le infermiere mi somministravano i farmaci negli orari stabiliti.
Fondamentale è stato anche l’aiuto dello psicologo che, prendendosi a cuore ogni paziente, e collaborando con il primario, permette al Centro per i disturbi alimentari di funzionare al meglio. Ricordo bene i lunghi colloqui, la mia disperazione e la sua calma nell’ascoltarmi: ogni seduta ha contribuito, insieme a tutti gli altri aiuti, a costruire quello che ora sono diventata.
Nel laboratorio di scrittura invece, lavorando sui vari testi, sono potute germogliare nuove creazioni che hanno poi trovato spazio nell’ambito di Pordenonelegge, o del progetto LeggiAmo018, per il quale abbiamo letto “Contare le sedie”, di Ester Armanino, che, poi, abbiamo intervistato. Il suo capitolo “Ferramenta” ha richiamato alla mia mente il concetto di autenticità di sé e mi ha ispirato un pezzo che si conclude così: “ Mi guardo allo specchio e la trovo lì, di fronte a me, con due tende di capelli bruni che le incorniciano il viso e una punta di allegra malinconia che le vela lo sguardo.
Sembra spaventata, ma anche contenta, viva, ma anche un po’ morta.
Le sorrido. Dopo tanto la riconosco.
Lei è la vera me”.
La scrittura ha curato una parte molto intima e profonda di me, aperto nuovi orizzonti e stimolato emozioni lontane. Ha risvegliato il sogno nella mia mente, e io non sognavo più da molto tempo ormai.
La professoressa che conduce il laboratorio ha inoltre saputo valorizzare le mie particolarità, dando spazio e peso alle mie parole.
In particolare il momento della condivisione si è rivelato portante nel mio processo di evoluzione e poi di guarigione: confrontarmi con altre persone leggendo i miei testi mi ha permesso di spogliarmi di maschere e protezioni e di offrirmi per quello che ero, anche a me stessa.
E soprattutto, proprio grazie al laboratorio, ho scoperto quale fosse la mia vocazione e ho potuto coltivarla: usare le parole, che ho sempre amato, per esprimermi.
Siamo fatti di mente, anima e corpo, ed è importante che nessuna delle componenti venga trascurata ma che anzi le cure di esse procedano allineate.
Non si può curare il corpo senza lenire il dolore dell’anima e della mente. Perché le cose più belle, si sa, si originano sempre dall’ unione di più forze, e io sono rinata così.
*Carolina è parte del gruppo “MICROBI DAL CUORE GRANDE” che afferisce al Centro disturbi alimentari diretto dal dottor Gian Luigi Luxardi e alla Pediatria dell’Ospedale civile di Pordenone, diretta dal dottor Roberto Dall’Amico. Il laboratorio di scrittura è tenuto dalla professoressa Alessandra Merighi, insegnante dell’Istituto Flora di Pordenone.