Blognotes 08
Blognotes 16

RISCHIO è il tema del numero più recente di Blognotes 16

Articolo presente in

Giuseppe Zigaina e le lotte del Cormor

di Lorenzo Fabbro

così i “senzastoria” vivono per sempre

Sul far del giorno del 19 maggio 1950, la piazza di Muzzana si riempì di centinaia di persone. Erano contadini, in maggioranza braccianti disoccupati, ed arrivavano da ogni parte della Bassa ed anche da più lontano per andare a lavorare – senza paga e nonostante il divieto delle autorità e le botte della polizia – sul letto del Cormôr.

Diventeranno in breve migliaia, un fiume di gente, una forza pacifica che nessuna autorità riuscirà ad arginare. Cominciavano così le Lotte del Cormôr, il grande sciopero al contrario che avrebbe infiammato quell’estate di 74 anni fa. I sotans, senza terra e senza diritti, stufi di patire fame ed emigrazione, alzavano la testa.

Li aveva chiamati a raccolta ed organizzati la CGIL di Giuseppe Di Vittorio, che in quegli anni, per far fronte all’inerzia del Governo, aveva proposto in tutta Italia il Piano per il Lavoro, una serie di opere pubbliche – scelte a livello locale seguendo le proposte dei territori – considerate come strategiche per creare lavoro e sviluppo.

La Camera del Lavoro friulana aveva individuato la canalizzazione del Cormôr, con l’obiettivo di dare una spinta all’occupazione e migliorare la situazione idraulica di buona parte dei terreni paludosi, recuperandoli alla produzione agricola; anche in questa occasione, il Governo guidato da Alcide De Gasperi decise di non finanziare l’opera.

La nuova Costituzione della Repubblica ed il dibattito aperto sui diritti e sull’esigenza di costruire una società più giusta avevano creato grandi speranze fra la popolazione. Il filo rosso con la straordinaria e peculiare esperienza della Resistenza nel nostro territorio era arrivato fin sul Cormôr: tutti i dirigenti e tanti protagonisti delle lotte erano ex partigiani, questa volta impegnati in una lotta senza armi, per pianificare il lavoro a squadre, gestire i rifornimenti alimentari sul modello delle intendenze, organizzare la difesa dagli attacchi della polizia e una propaganda capillare tra la popolazione.

Il rapporto stretto fra la gente e il territorio, nonché la scelta di rifiutare la violenza e la carta dello sciopero al contrario fecero il resto: lontana dall’essere solo una rivendicazione di carattere politico ed ideologico, la lotta aveva coinvolto non solo i disoccupati e i sotans ma bensì raccolto l’appoggio e la solidarietà di artisti e intellettuali, dei sindaci, dei preti, dei negozianti, degli altri lavoratori e, in definitiva, di tutta la comunità.

A questa storia abbiamo dedicato, in occasione del 70° anniversario occorso nel 2020, una serie di iniziative storico culturali e la realizzazione di un sito www.lottedelcormor.eu ove abbiamo raccolto tutto il materiale disponibile sull’argomento.

Come abbiamo ricordato, uno tra gli aspetti interessanti di tale vicenda è stata la solidarietà ricevuta durante lo sciopero da parte degli intellettuali e degli artisti friulani.

Nel numero 23 di “Lotta e lavoro” di martedì 30 maggio 1950, in un’edizione straordinaria dedicata al Cormôr, venne pubblicata una lettera indirizzata al Prefetto di Udine nella quale si solidarizzava pubblicamente con la “lotta per il diritto umano al pane e al lavoro intrapresa dai nostri braccianti disoccupati del Cormôr”, si denunciavano “le reazioni inumane delle forze dell’ordine”  e infine, “solidali con quella fatica e quelle volontà” si esprimeva apertamente “il proprio sentimento di protesta, auspicando una rapida soluzione della dolorosa vertenza”.

La lettera, che venne ripresa da altri organi di stampa sia friulani sia italiani, era firmata da Mario Cerroni, poeta e scrittore; Giuseppe Zigaina, pittore; Luigi Bront, pittore; Toffolo Anzil, pittore; Cauci Magnano, pittore; Guido Tavagnacco, pittore; Vittorio Marangoni, segretario Sindacato Artisti; Rodolfo Castiglioni, del Comitato del Circolo del Cimento; Enrico de Cillia, pittore; Vico Supan, pittore; Max Piccini, scultore; Oliviero Bianchi, scrittore; Giulio Piccini, scultore; Giovanni Foschiano, scultore; Riccardo Bassanin, insegnante; Giorgio Celiberti, pittore; Piero Pezzè, musicista; Rosina Mega, musicista; Bruno Pignoni, scrittore; Ermes Midena, architetto; Dino Basaldella, scultore.”

Celiberti-e-Zigaina
Giuseppe Zigaina con Giorgio Celiberti a Villa Manin (UD), 2009. Foto di Gianni Pignat

Alcuni di questi, oltre a prendere posizione sulla stampa e, in qualche caso, a portare direttamente la propria solidarietà sul greto del Cormôr, dedicarono alle Lotte dei braccianti della Bassa le loro opere con lo scopo di alimentare l’eco della denuncia politica e sociale riferita alla repressione violenta della polizia ed alla mancanza di risposte da parte della politica; ricordiamo alcune poesie di Mario Cerroni (a loro volta pubblicate sulla stampa) ed una in particolare, “File d’uomini sul Cormôr”, musicata da Piero Pezzè.

L’artista che legò maggiormente il proprio nome alle Lotte del Cormôr fu senza dubbio il pittore Giuseppe Zigaina. Cervignanese di nascita, classe 1924, padre falegname e madre sarta, Zigaina all’epoca era già un pittore affermato nonché intellettuale organico e dirigente del PCI. Il suo legame con lo sciopero dei sotàns friulani del 1950 e con alcune lotte agrarie iniziate qualche anno prima, sono documentati dalle sue opere e raccontati dello stesso Zigaina in diverse occasioni. In particolare, grazie al nostro percorso di ricerca legato a tali avvenimenti, abbiamo potuto realizzare una lunga intervista a cura di A. Venturini, un cui estratto è confluito nel film di Adriano Venturini e Lorenzo Fabbro, “Lis Lotis dal Cormôr – Le Lotte del Cormôr” (2010 – documentario Friulano/Italiano) e, successivamente, nel 2020, abbiamo recuperato e digitalizzato, grazie alla disponibilità di Paolo Gaspari, un’altra intervista realizzata dallo stesso Gaspari a Zigaina alla fine degli anni ’70 e propedeutica alla realizzazione del saggio, “Le lotte del Cormôr. Sociologia e storia della Bassa Friulana” di P. Gaspari, Centro Editoriale Friulano, 1980.

Tale intervista audio, assieme alle altre realizzate da Gaspari, hanno permesso a Renato Rinaldi – sempre nell’ambito del nostro progetto per il 70° anniversario – di realizzare uno splendido audio documentario in sei puntate intitolato “Le Lotte del Cormôr, un garbato sciopero alla rovescia” per la trasmissione di Rai Tre “Tre soldi”.

Nell’intervista raccolta da Gaspari Zigaina racconta di aver aderito alla lotta dei braccianti delle Bassa con piena coscienza etica e politica – come uno dei tanti che, con i propri mezzi – intendeva collaborare, essere presente in modo attivo.

Rammenta di essersi recato molte volte sul posto a portare solidarietà ed a seguire gli eventi, accompagnato dall’On Beltrame, da Fernando Mautino e da chiunque potesse dargli un passaggio per arrivare fino allo scavo sul Cormôr.

In particolare, Zigaina si sofferma sulla figura del comandante della polizia di Cervignano, il famigerato commissario Gallo, riportando diversi aneddoti – anche precedenti alle vicende del 1950 – dai quali si evince il carattere arrogante, autoritario e violento tenuto da Gallo nei confronti della popolazione.

Racconta anche un episodio avvenuto nel 1949, ovvero il divieto del commissario, per supposti motivi “di ordine pubblico”, di organizzare una mostra dei quadri di Zigaina ad Aquileia: quando l’artista ed alcuni compagni si recarono a protestare presso il commissariato di Cervignano vennero dapprima insultati e successivamente fermati, rinchiusi in camera di sicurezza, maltrattati e minacciati pesantemente.

Una volta rilasciato, lungi dall’essere intimidito, il pittore incaricò il giovane avvocato della Camera del Lavoro Loris Fortuna di sporgere denuncia e, per la prima volta, il commissario Gallo dovette rispondere in Tribunale per le sue malefatte; benché assolto per insufficienza di prove grazie alla falsa testimonianza dei suoi agenti il processo fu un grande successo politico perché dimostrò alla gente che era possibile ribellarsi ai soprusi e che nessuno doveva ritenersi al di sopra della legge.

Un anno dopo Zigaina ritrova il Commissario Gallo sul Cormôr con i suoi agenti e descrive a Gaspari gli inseguimenti alle squadre dei braccianti che, quando la polizia invadeva il greto del fiume si spostavano, avvisati dai ragazzini di vedetta fra le fronde degli alberi, nascondendosi nel bosco e alternandosi con altre squadre che apparivano più a valle o a monte in un ininterrotto gioco che si faceva beffe della polizia. Polizia che, quando poteva, si accaniva non solo sui poveri manifestanti ma anche sulle loro biciclette che venivano nascoste tra gli alberi e, se trovate, calpestate e rese inservibili. La bicicletta, che serviva ai contadini ed agli operai per spostarsi e raggiungere il luogo di lavoro, faceva parte della quotidianità delle persone; a tal proposito l’artista ricorda che anche lui ed il padre si spostavano con quel mezzo che divenne uno degli elementi iconici delle sue opere del periodo neorealista.

Zigaina definisce lo sciopero alla rovescia del Cormôr un’azione veramente e clamorosamente rivoluzionaria e sceglie di dedicare tutta una serie di opere alla drammaticità di tali eventi. Sollecitato dalle domande di Gaspari specifica che, per i suoi quadri, ha sempre lavorato di memoria; quando si recava nei luoghi dello sciopero non faceva schizzi, non si portava neppure un notes perché se lo avesse fatto si sarebbe vergognato come un ladro, lui non era lì per fare il turista, non andava certo a lavorare con pala e piccone ma si rendeva conto che la sua presenza era importante per le persone, che quella era anche la sua storia.

Zigaina afferma di essere convinto che solo l’immagine poteva diventare strumento di convincimento attraverso la commozione, e la commozione apriva la porta alla percezione di altri dati scientifici.

Nel 1950 partecipa alla Biennale d’arte di Venezia con il quadro Occupazione delle terre, dedicato alle lotte contadine nell’agro aquileiese per il lodo De Gasperi di qualche anno prima. La foto del quadro con i contadini in bicicletta e le bandiere rosse accompagnerà diversi reportage dedicati allo sciopero alla rovescia del Cormôr usciti sull’Unità e su Rinascita nello stesso anno.

Alla Biennale di Venezia del 1952 Zigaina espone tre dipinti: Braccianti del CormÔr (1951), Braccianti sul carro (1952), e Assemblea di braccianti sul CormÔr, sciopero a rovescio del luglio 1950 (1952).

i braccianti al cormor
Assemblea dei braccianti sul Cormor, 1952, olio su tela, cm 250×316. Casa Cavazzini, Museo di Arte Moderna e Contemporanea, Udine

Quest’ultima opera è oggi conservata alla Galleria d’Arte moderna di Udine. Laura Nadalutti, figlia di uno dei protagonisti dello sciopero del 1950, il sindacalista di Federterra Guido Nadalutti, da noi intervistata per la realizzazione del documentario di R. Rinaldi, ci ha raccontato che l’artista le aveva confidato che l’uomo ritratto nel quadro con la camicia bianca sulla destra era suo padre Guido.

Infine, nel 1953 Zigaina realizzò il film 1953: primo Maggio a Cervignano, acquistato e diffuso dalla RAI TV nel 1980 e recentemente restaurato, nel quale i protagonisti sono i lavoratori friulani, che con i loro carri, le loro biciclette e le loro bandiere rosse si ritrovavano nel centro della Bassa per la Festa del Lavoro.

La peculiarità delle Lotte dei contadini e dei senza terra friulani ed il loro rapporto stretto e simbiotico con il territorio, i boschi, le acque, la terra sulla quale vivevano e che non volevano abbandonare risulta essere stata ben compresa da Zigaina che nell’occasione scriveva “Ho fatto togliere i segni della falce e del martello sulle bandiere. Perché i giovani contadini, che venivano con i genitori sul carro con il fieno, avevano in casa solo bandiere italiane e austriache.

Ma chi erano loro? Erano friulani, semplicemente friulani. Ma allora non c’erano bandiere friulane. Ho capito che i braccianti del Cormôr avevano una loro personalità, un loro amore per la loro terra, per il Friuli.

attesa del traghetto serale
Attesa del traghetto serale, 1951, olio su tela, cm 140×120. Galleria d’Arte Moderna, Bologna

Non avevano mai messo sulle bandiere la falce e il martello.

Così nel film del 53, si vedono solo bandiere rosse, ma senza simboli.”

Aspetto sottolineato anche da Paolo Gaspari nel suo saggio allorquando scrisse che, mentre entrava nelle case e nelle osterie per intervistare i partecipanti, non emergeva solo la memoria di trenta anni addietro, ma bensì “la memoria di vite prima delle loro, di esperienze che legittimavano l’agitazione del 1950 attraverso una percezione di rapporti col territorio e di valori di equità riferibili a comportamenti collettivi molto lontani nel tempo.

Nelle persone che avevano partecipato allo sciopero del Cormôr vi era, alla fine, la memoria di altre persone vissute prima di loro.”

Il ricordo di questa esperienza, raccontata magistralmente anche grazie alle opere di Giuseppe Zigaina, è stato a lungo parte della memoria collettiva e dell’identità dei friulani della Bassa e non solo, e può ancora aiutarci, con il suo esempio simbolico di solidarietà e coesione sociale, ad affrontare le difficoltà dei tempi moderni ed a ricordarci chi siamo e da dove veniamo, non tanto come individui ma come comunità, come popolo.