Se oggi provate a chiedere ad un ragazzino che cosa vuole fare da grande con molta probabilità avrete come risposta il “rapper” o il “producer” e se proverete a ricercarne la motivazione in molti casi di rimando le finalità della scelta saranno la ricchezza e la fama.
Nulla di male in tutto questo si intenda, ma in realtà c’è stata un’epoca dove le professioni precedentemente citate non venivano fatte per un ritorno meramente economico ma erano espressione di una matrice emancipatoria atta a denunciare attraverso l’arte l’ingiustizia della giustizia.
Nel 2022 se provate ad aprire una qualsiasi classifica discografica sulle varie piattaforme di streaming la troverete ai primi posti, se non addirittura quasi tutta la lista, occupata da singoli e album Hip-hop o con contaminazioni “urban”, lontani dai tempi in cui per attingervi c’erano solo le cassette scambiate di mano in mano.
I rapper riempiono palazzetti e stadi in tutto il mondo e la loro musica ha influenzato ogni settore del quotidiano dal linguaggio alla moda, lontani dal concetto di nicchia e dalla mancanza di attenzione dei principali media di poco tempo addietro.
Quindi la domanda è: che cosa ha reso questa cultura così virale e influente?
Per dare una risposta a questo quesito sarà doveroso ricostruire i passaggi determinanti dalla genesi al relativo sviluppo.
Negli anni ‘70 in tutte le feste e club di New York esisteva un’unica parola d’ordine “Disco music” e sulla pista da ballo abiti sfarzosi e acconciature bizzarre si fondevano in un grande abbraccio con le luci stroboscopiche.
La Grande Mela però ha sempre vissuto in una cinica dicotomia tra luci e ombre, dove le disparità tra i quartieri erano ruvide e taglienti, il Bronx ne è l’esempio più terso, un’area popolare con un’alta densità di immigrati per lo più ispanici e afroamericani, che in quegli anni stava letteralmente bruciando a causa di atti vandalici, degrado, delinquenza e negligenza amministrativa.
L’11 agosto 1973 al n.1520 di Sedgwick Avenue il giovane Dj Kool Herc organizzò un “block party”, letteralmente festa dell’isolato e in controtendenza quella sera non suonò la “disco”, ma fece vibrare la festa a ritmo di funk e soul.
Questo evento è considerato l’anno 0 della cultura Hip-Hop non solo per i dischi suonati ma proprio per il modo in cui vennero impiegati.
Munito di due giradischi e un mixer prese due dischi uguali senza far sentire il brano per intero, ma solo i “break” ovvero le parti dove suonavano solo la batteria e la linea di basso, in tal modo poteva passare da un disco all’altro riproducendo solo tali sezioni, dando vita ad un nuovo tipo di festa da ballo.
Dj Grandmaster Flash sarà determinante per l’evoluzione del “mixing” grazie ad un atto sacrilego, mise le dita sul vinile muovendolo avanti e indietro, avendone il pieno controllo, nacque lo “scratch”, con tale tecnica era possibile rilasciare il disco perfettamente a tempo prolungando il break all’infinito.
La figura del Dj diveniva sempre più articolata cosa che gli impediva di gestire nel contempo anche il microfono, nacquero quindi i primi rapper che inizialmente si limitavano ad incitare la folla, ma con il corso del tempo i ruoli si invertirono e il rapper divenne un vero liricista capace di catalizzare l’attenzione del pubblico.
Spesso si utilizza il temine Hip-Hop per indicare il rap, in realtà l’Hip-Hop è un movimento culturale pensabile come una quadriga i cui cavalli di razza sono: il Djing, il rap, il writing e la break-dance.
Le radici e le contaminazioni del Hip-Hop affondano nella tradizione musicale, andando dal funk al rock, dal soul al jazz, dal gospel alle filastrocche fino alla disco.
Nell’immaginario collettivo il rap è considerato un linguaggio recente, in realtà il parlare in rima con cadenza su una base o a cappella ha origini remote, già negli anni ‘30 Cab Calloway e i quartetti gospel se ne servivano, oppure il rap poetico di Gil Scott Heron o quello politico di Malcom X o Muhammad Alì fino alla radio di Frank Crocker.
Passeranno molti anni prima che l’Hip-Hop migri dall’underground al mainstream, gli anni ‘80 segneranno un punto di svolta, verranno commercializzati i primi dischi e nasceranno i primi gruppi sia nella west-coast che nella east-cost che cambieranno le regole del gioco. Per citare solo alcuni nomi pensiamo al primo successo commerciale del genere dei Sugarhill Gang, la prima collaborazione commerciale fatta dai Run-DMC, la lotta contro gli abusi del potere in divisa denunciati dai Public Enemy, fino alla lotta contro la segregazione razziale degli N.W.A.
Il rap è un linguaggio articolato ed esistono diverse tipologie che nascono in contesti e da esigenze espressive differenti che vanno dal “gangsta rap” al “conscious rap”, dal “G-funk” all’”horrorcore” e diversi sottogeneri che vanno dalla trap alla drill, dal grime al cloud.
L’Hip-Hop ha ridefinito la vita di molti giovani che sembravano destinati a respirare amianto donandogli un soffio di vento, una forma di redenzione cognitiva capace di trasformare la violenza del quartiere in manifesti reazionari.
Questo movimento ha ricalibrato la visione collettiva di intere generazioni globalmente, ha influenzato ogni settore della società, nella moda ha dettato periodicamente la tendenza stilistica e ha reso iconici alcuni brand, ispirando designer come Virgil Abloh e viceversa rapper come Kanye West nel design, ha influenzato l’arte igurativa da Keith Haring a Kaws, ha influenzato le più grandi stelle dello sport e il cinema ha attinto nuovi volti da quel mondo da Will Smith ad Ice Cube.
Nonostante l’Hip-Hop sia permeato in tutti i meandri del vivere civile, il pregiudizio e la stigmatizzazione sono ancora vivi, spesso si delega all’arte compiti che non le spettano, l’arte non deve educare, sono altri gli enti preposti a farlo e che devono fornire degli strumenti per riuscire a comprendere i messaggi dell’arte che non nascono per compiacere ma per scardinare certezze, violentano la psiche per risvegliare i latrati dell’essere dai quali l’umano rifugge.
In Italia questa cultura è permeata fin dagli anni ‘80 ma non senza ostacoli, il rap è solo il naturale proseguo di una lotta al politicamente corretto cominciata dai grandi cantautori italiani che inneggiavano al pensiero critico.
Un consiglio quindi, siate curiosi, ascoltate i dischi e poi traete le vostre conclusioni.