’il doppio’’…classico tema per intellettuali, filosofi, psicoanalisti…un’adeguata dissertazione va lasciata a loro.
Io mi muoverò da ‘’profano’’, del resto non potrebbe essere diversamente, usando un taglio interpretativo piuttosto personale, molto libero, affatto svincolato da uno schema intellettualmente corretto. Lascerò fluire un pensiero libero, liberissimo, a partire da un gioco di parole, doppio-dubbio, nel tentativo di piegare il tema al bisogno di liberare un pensiero per me necessario.
In primo luogo indicherei due libri che potrebbero avallare quanto in seguito cercherò di esporre: ‘’L’altro e lo stesso. Teoria e storia del doppio’’ di Massimo Fusillo (Mucchi editore 2013) e ‘’Quando abbiamo smesso di capire il mondo’’ di Benjamin Labatut (Adelphi 2021).
In secondo luogo mi affiderei alle frasi di tre personaggi che molto hanno influito sulla mia formazione:
da ‘’Le città invisibili’’ (Mondadori): l’inferno spesso è già qui ed ora e secondo Italo Calvino ‘’due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio’’
da ‘’Il credo dell’uomo libero’’ di Bertrand Russell (Piano B): ‘’non smettete di protestare…di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, perché il dissenso è un’arma…non smettete di pensare, perché non esiste una verità assoluta…non chiudetevi alla conoscenza perché il sapere è un’arma… non cambierete il mondo, ma avrete reso la vostra vita degna di essere raccontata…un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai’’
da ‘’Questa grande umanità’’ di Che Guevara (Newton Compton): ‘’siate capaci di sentire come vostra ogni ingiustizia commessa contro chiunque e in qualunque parte del mondo. E’ la più bella qualità del rivoluzionario…la gioventù fa esattamente ciò che pensa. L’importante è non smettere di essere giovani’’.
Tre personaggi molto diversi per pensiero ideologico, stili di vita, scelte esistenziali, percorso terreno. Eppure li lega un profondo filo comune contenente per ognuno di noi l’invito a lottare per la libertà, la giustizia, l’impegno, la responsabilità.
Per commentare le frasi che ho riportato occorrerebbero pagine su pagine, lasciando scorrere il pensiero in tante direzioni. Mi limiterò ad una sola, legata appunto al binomio ‘’doppio-dubbio’’.
‘’Dubito dunque sono’’: è una definizione fondamentale che io traduco nella necessità di ‘’esistere attraverso l’esercizio del dubbio’’: una ricerca continua dentro e fuori di noi, ma prima di tutto dentro di noi, alla scoperta del nostro lato sconosciuto, quello che potrebbe rappresentare appunto il nostro doppio.
Un lavoro di scavo capace di far emergere un tipo di persona ben diverso da quello che quotidianamente presentiamo a noi stessi e agli altri. Un lavoro mai finito, almeno fino a quando la nostra mente sarà in grado di sviluppare pensieri e sentimenti. Un lavoro che costantemente dovrà fare i conti con quanto del nostro ego continua ad essere incontrollato, con quanta della nostra visceralità continua a sviarci, con quanto del nostro pensiero rimane non approfondito. Deve perdurare in noi il bisogno di crescere, di capire, di controllare i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni, senza mai smettere di esercitare un attento spirito critico verso noi stessi e verso il mondo esterno.
Eccolo il doppio : io-me: lo sforzo di guardarsi dentro passando continuamente dall’io al me, dall’io all’io che si guarda, da quello che si è a quello che si dovrebbe essere: da una parte quello che sono, che credo di essere e dall’altra parte quello che posso essere, che posso far emergere; da una parte le mie abitudini, le mie sovrastrutture, i miei doveri e dall’altra parte quanto di me ancora sommerso, non espresso: da una parte io per come appaio, per come mi vedo e dall’altra parte un qualcosa di nuovo che ravvivi la speranza; da una parte l’io con la sua stanchezza e dall’altra parte una persona che non si rassegna.
Tutto questo nella forma non di un conflitto ma di un dialogo che permetta di vivere attivamente, senza particolari pretese, sapendo anzi che di ognuno di noi rimarrà una minima particella destinata ad entrare a far parte dell’infinita catena universale. Se da un lato non possiamo dimenticare la nostra piccolezza, la nostra fondamentale insignificanza, dall’altro lato dobbiamo farci carico di lasciare un nostro piccolo segno, questo atomo infinitesimale ma indistruttibile destinato, insieme a quelli di chi è già venuto e di chi verrà, a comporre la storia di questa strana umanità.
C’è chi nella vita si ricava uno spazio più visibile, più ricco, più potente, ma alla fine ognuno di questi atomi entrerà a far parte della catena universale senza soluzione di valore se non nel segno della dignità personale. Una dignità che dobbiamo cercare e promuovere fino alla fine.
Tante correnti di pensiero affermano il contrario, ma io credo che un tale lavoro non possa essere svolto senza lo strumento del dubbio, anche se ciò può tradursi in un pensiero debole (ma non per questo passivo o perdente), in un possibilismo che rifiuti ogni dogmatismo (l’idea di una verità assoluta o superiore), in un relativismo che non ignori i limiti propri di ogni singolo intelletto umano, in uno scetticismo che sia arma di confronto continuo con tutti e su tutto, per crescere sempre, senza sosta.
Credo che un lavoro di questo tipo possa alla fine far affiorare una persona ben diversa da quella cui siamo abituati.
Ecco, appunto, il nostro doppio.
Molto probabilmente una persona più attrezzata ad affrontare un mondo esterno che pare diventare sempre più complesso e difficile. Un mondo che da giovani si pretende di dovere e potere cambiare, mentre poi, man mano che passa il tempo e la storia per noi si fa maestra, emerge l’idea di un’umanità incapace di migliorare veramente.
Da un lato sembriamo progredire senza limiti, ma dall’altro assistiamo ad una sempre maggiore perdita di valori.
Un momento, cosa sta succedendo?
Cè una contraddizione in tutto il discorso fin qui fatto?
Abbiamo usato solo ‘’belle parole vuote’’?
Cosa può veramente fare ognuno di noi con o senza questo lavoro sul suo doppio?
Beh, qualcosa ognuno può fare:
ascoltando Calvino, non accettare passivamente l’inferno, facendo emergere quanto che c’è di buono possibile;
ascoltando Russell, non smettere di pensare, protestare, conoscere per continuare a crescere; ascoltando Guevara, non abbandonare il senso della giustizia, continuando a sentirsi giovani, sempre e comunque.
A ognuno la sua piccola grande battaglia, la voglia di fare, lottare, testimoniare, unica forma possibile di speranza, una speranza capace di resistere anche al vuoto creato dagli inutili ottimismi e dalle vane illusioni.