Jan Morris, il grande scrittore inglese (e poi scrittrice, dopo una transizione di genere) lo chiamava “l’effetto Trieste” nel suo libro: “Trieste. O del nessun luogo”, 2001.
Si tratta di un senso di sospensione e di attesa che caratterizzerebbe questa città, come la sua geografia e la sua storia, anch’esse in bilico tra vari mondi.
Quella che segue è una riflessione intorno ad un punto di svolta di Trieste.
A due passi dal molo Audace, dove nel 1918 attraccò la prima nave italiana nella Trieste finalmente “redenta”, si sono svolte il 18 e 19 settembre 2022 “Le Giornate del mare” di Limes, alla terza edizione. Il tema di quest’anno: “Il mare italiano”, è stato stabilito prima dell’evento di metà agosto, il blocco navale dell’Adriatico da parte di navi russe, ma si è rivelato premonitore e pieno di suggestioni per la città ospitante. Una frase del cardinale di Richelieu è stata presentata nelle slides di Lucio Caracciolo, e più volte ripetuta: “Le lacrime dei nostri sovrani hanno il gusto salato dei mari che vollero ignorare” e sembra perfetta per questa fase storica dell’Italia e del suo porto maggiore.
L’Italia appare come una piattaforma al centro del Mediterraneo, ha circa ottomila chilometri di costa, si può definire letteralmente affacciata sul mare, ma non è un paese marittimo par excellence. Siamo interessati al mare solo in funzione balneare, ma non ci occupiamo della sua salvaguardia, e di capire che l’ex mare nostrum sta riguadagnando centralità. La città sembra poter tornare alla ribalta, circa cento anni dopo aver perso la sua importanza come porto dell’impero austro-ungarico, trovandosi, ora come allora, in una posizione geopoliticamente vantaggiosa. Se allora rappresentava il fulcro commerciale di un Impero che comprendeva l’Europa centrale, ora può rappresentare il porto strategico dell’Adriatico e di conseguenza del Mediterraneo orientale. In seguito alla guerra in Ucraina, i paesi del centro Europa stanno rivedendo le loro alleanze e “spostandosi” verso Ovest, e perciò Trieste può riprendersi il ruolo che la geopolitica le assegna: può essere una porta che si apre all’Europa centrale e ai Balcani, affinché non siano più “un Occidente abbandonato”*. Dopo cento anni c’è la possibilità di un ampliamento del mercato e l’economia di tutta la regione può crescere. I collegamenti ferroviari giornalieri per Liubljana, l’aeroporto di Ronchi dei Legionari divenuto polo intermodale e raggiungibile da Trieste, Udine e Venezia in treno, stanno a indicare che molto è stato fatto.
La ondivaga storia della città è nuovamente nella fase di alta marea, come quando si diceva che Trieste era la terza entrata del Canale di Suez. E’ stato in buona parte grazie ad un grande cittadino triestino, Pasquale Revoltella, ed al suo impegno economico e politico, se l’impresa del Canale si è compiuta. Revoltella ha donato alla città uno dei suoi musei più importanti, e al suo interno si può ammirare uno strabiliante complesso scultoreo, “Il taglio dell’istmo di Suez”.
La vocazione di Trieste ad essere città cosmopolita la predispone ad una visione di sé aperta al cambiamento. L’invito rivolto a tutti più volte durante “Le giornate del mare”, è stato quello di “guardare la terra dal mare, e non il mare dalla terra”. Percorrendo fino in fondo il molo Audace, da cui si è partiti, si può cogliere questo invito: basta per suggerire la visione di nuovi “approdi”.
*Cross Currents: A Yearbook of Central European Culture definisce l’Europa centrale come «un Occidente abbandonato».
Altri appunti da Trieste.
Coincidenze: nel giorno di apertura della terza edizione de “Le giornate del mare”, in piazza Unità d’Italia, si ricordava il 18 dicembre 1938, giorno della proclamazione delle leggi razziali, che Mussolini volle fare a Trieste, città altamente simbolica per il fascismo. Lì infatti nel 1919 si costituì il fascio di combattimento Giuliano, due settimane dopo la fondazione del movimento a Milano, nella riunione di piazza San Sepolcro.