Il volto rosso di Budda di Edoardo Duran è un libro che non mancherà di stupire un lettore abituato a guardare al mondo con le categorie della logica e della fisica. Ma quale la storia de Il volto rosso di Budda? Apparentemente quella dell’autore stesso, protagonista di uno straordinario viaggio interiore, per effetto del quale da esperto psicoterapeuta, con studi seri e scientifici alle spalle, chiamato a lavorare in una comunità di nativi americani del Montana, ritorna progressivamente alle sue origini tribali, adottando i sistemi curativi di una medicina olistica alternativa, rivolta alla persona e non alla malattia.
una sola persona e le conoscenze esoteriche del secondo prendono il sopravvento sulla scienza del primo. Edoard arriva a prendere consapevolezza di sè attraverso il sogno, che le civiltà occidentali considerano solo un’alterata riproposta della vita. Ma la tradizionale lettura del “somnium” viene capovolta nel libro al punto tale che il sogno diventa rivelazione e la realtà illusione. Nelle credenze popolari il sogno è sempre stato considerato frutto della fantasaia, qualche volta premonizione, spesso il risultato di pulsioni e paure. Sembrava il mezzo attraverso il quale la divinità comunicava con l’uomo, orientando anche scelte determinanti per la vita sociale. Era indispensabile però interpretare correttamente il messaggio nascosto nel sogno e solo chi aveva capacità superiori poteva leggerne con sicurezza il valore simbolico. E se talvolta bisognava comunicare con la divinità con urgenza, per ottenere aiuto, risposte, indicazioni, il sogno poteva essere anche indotto, cercato e provocato.
Di qui la pratica diffusa in diverse comunità etniche di sostanze psicogene, come attivazione di un processo onirico conoscitivo. Invece per la scienza della psicanalisi il sogno è una condizione particolare legata alla storia affettiva del paziente, un insieme di stimoli prevalentemente visivi che sono prodotti dal vissuto del sognatore stesso.
Oggi le neuroscienze, con la finalità di capire meglio l’attività del cervello stesso, guardano all’attività onirica come ad una produzione indipendente dal vissuto o dall’inconscio di chi sogna. Ma niente di ciò che le moderne conoscenze mettono a disposizione sul sogno può aiutare a capire ed accettare quanto Edoard Duran propone attraverso la storia di una sua personale esperienza. Servono altre categorie culturali, altri punti di vista che il pensiero scientifico può accettare solo rinnegando se stesso. Sono indispensabili anche nuove misure di spazio e tempo che nulla hanno in comune con gli abituali sistemi di misura del nostro presente.
Il viaggio di Duran porta a diverse conclusioni non facilmente condivisibili. Innanzitutto il sogno è conoscenza, rivelazione simbolica non di pregresso personale, ma collettivo, storico. In quanto tale il sogno può essere condiviso, può diventare comune nel senso che si può fare lo stesso sogno senza conoscersi, come può avvenire per altre percezioni di particolari aspetti del mondo in cui viviamo. Il sogno è una dimensione senza tempo, ovvero ha un suo tempo, quello del sogno, non misurabile. Non c’è differenza tra il sogno e quella che chiamiamo realtà: sono solo due sogni diversi che possono intrecciarsi o coesistere. Quale dei due sogni è vero? O più vero, ammesso che esistano diversi gradi di verità? Tutti sogniamo e attraverso i sogni esprimiamo noi stessi, ma riveliamo, anche se per simboli, la stessa storia del mondo, le sue lotte, il male e il bene che si sono fronteggiati con alterne vicende. ll sognatore per eccellenza è anche colui che più di altri possiede le chiavi non solo per capire i sogni ma anche per cambiarli, dunque per modificare i fatti dei sogni e quindi la realtà, che è anch’essa un sogno. Tutto dipende dalla volontà buona o cattiva che lo anima. A questo punto il libro di Duran pone interrogativi profondi che in genere preferiamo evitare. Nei tragici personaggi che hanno spesso insanguinato il mondo, c’era solo la casualità di una natura folle, o un’alterazione dello scontro tra bene e male provocata da sognatori che avevano perso il controllo delle proprie capacità? Edoard, seppure tormentato da molti dubbi, alla fine aderisce a questa teoria, sente che la storia dell’uomo è un sogno spesso influenzato tragicamente da cattivi sognatori, dotati di poteri indirizzati al male. Ad esempio l’aberrazione della bomba atomica è il risultato di un sogno nel quale gli spazi emotivi sono stati invasi dall’ira, dall’invidia, a un ego cresciuto a dismisura nel disprezzo dell’altro, e uno dei responsabili di questa degenerazione onirica è un antenato dello stesso Edoard. Di conseguenza il ritorno del protagonista alla cultura della sua gente non è solo un processo rigenerativo individuale ma anche una sorta di riparazione morale ad una violenza commessa anni prima da un cattivo sognatore della sua famiglia. Un viaggio difficile per l’autore, una storia spesso incomprensibile per noi sul piano razionale. Eppure il libro non si limita a sconcertare, provocare, solleva anche interrogativi che vogliono approfondimenti. Buona parte delle visioni del protagonista avviene in una condizione di “sogno lucido”, ovvero una particolare fase riconosciuta anche dalla scienza nella quale tutte le capacità del soggetto che sogna rimangono attive. Si sogna con la consapevolezza di sognare, vedendosi sognare, come se si uscisse dal corpo che rimane tranquillamente a dormire. Quali sono i limiti e le possibilità di questa fase? I monaci taoisti e buddisti credono che essa sia il massimo livello di meditazione; il sogno lucido è uno stadio inseguito e perseguito da sempre dallo sciamanesimo, le stesse neuroscienze sono interessate a studiare il cervello proprio quando è in questa attività onirica. Dunque scienza, religione, psicoanalisi, folklore, filosofia, antropologia, si intrecciano e si fondono ininterrottamente nel libro di Duran. A cominciare dal titolo che sovrappone al volto giallo di Budda quello rosso della cultura dei nativi americani. Non a caso lo sciamanesimo ha origini in Siberia e forse si è spostato nel Nord America attraverso la via del mare di Barents. L’interrogativo più difficile a cui rispondere riguarda il valore conoscitivo del sogno e la sua capacità di incidere sulla realtà, posta che essa sia diversa del sogno. Domanda alla quale il presente si diverte ad aggiungere strane emisteriose curiosità aneddotiche.
Sembra che siano nate dal sogno, per stessa ammissione degli autori, la tavola periodica di Mendeleev, il modello atomico di Bohr, il relativismo di Einstein, per citare solo alcune tra le moderne scoperte scientifiche. Ma il discorso vale anche per l’arte, la musica, la poesia. Nei sogni si può essere tutto come recita una bellissima poesia del premio nobel Wyslawa Szymborska, Elogio dei sogni: “ In sogno/dipingo come Vermeer,/ Parlo correntemente il greco e non soltanto con i vivi./ Guido l’automobile, che mi obbedisce./ Ho talento,/ scrivo grandi poemi./ Odo voci/ non peggio di autorevoli santi./ Sareste sbalorditi/ del mio virtuosismo al pianoforte…”. Può esserci anche tanto male come racconta il fumetto The Sandman di Neil Gaiman, che comunque esprime un vito sorprendente:“ Sognate! I sogni plasmano il mondo. I sogni ricreano il mondo, ogni notte”. Possiamo leggere “Il volto rosso di Budda” con molto senso critico, ma non possiamo non farci delle domande e cercare delle risposte, anche se difficili.