Edera, canzone del festival di Sanremo del 1958, cantata da Nilla Pizzi, così recitava: Son qui tra le tue braccia ancor Avvinta come l’edera. Ma se l’amore è per eccellenza il topos più emblematico per parlare di legami, siamo legati anche al nostro corpo, alla nostra salute, alle nostre cose, alle nostre debolezze, ai nostri ricordi, alle idee, alle speranze e alle delusioni. Siamo legati a chi c’è e a chi non c’è, perché non siamo isole. Siamo legati alle contraddizioni, ai difetti, anche alle sconfitte diventate scoperte e conoscenza. Siamo legati agli altri perché ci aiutano a definirci, a scoprirci; ne abbiamo bisogno per sentirci vivi e perciò ci leghiamo volontariamente, ci lasciamo legare e spesso chiediamo di essere legati. Spesso confessiamo tutto ad amici, ma, se sappiamo farlo, mettiamo il nostro mondo in versi, cercando un dialogo che forse non verrà mai. E ho scelto proprio i versi di donne del nostro presente per parlare di legami, voluti o negati, reali o immaginari, che però sono parte della vita di ieri come di oggi. Perché versi di sole donne? Perché ci avviciniamo alla festa della donna del 2023 con una pluralità di modelli femminili, diversi, contrastanti talvolta, ma comunque espressione di una consapevolezza nuova che spesso i maschi non sanno capire. O forse perché l’ammenda verso il genere femminile passa anche attraverso un sincero ascolto delle loro parole, con un atteggiamento non di sufficienza ma di rispetto e attenzione.
M’è mortale questo amore/ mi sbuccia la pelle del cuore/ Mastico i colori del tempo/ distillando dalle giuggiole liquore./ Miele di zagara nella mente/ mi si ubriacano i pensieri/
con questa mia allegra incoscienza/ detergo il sale della tua sofferenza.
(Francesca Costa, DonnAmante 2016).
Amore che fa male e insieme miele da assaporare e godere fino a saziarsene. La donna moderna non rinnega né rifiuta i legami, nemmeno quelli dolorosi, ma con una partecipazione attiva che non è la sudditanza di ieri. Anzi sa accettarne i limiti e il senso con distanza, quando è necessario. La psicologia freudiana ha parlato per la donna di Penisneid, “l’invidia del pene” un complesso che ne spiegherebbe la fragilità e la quasi isterica sensibillità, ma se c’è mai stato un complesso simile, oggi di questo non c’è più traccia.
Sono andata al supermercato/ e ho comprato/ nel reparto frigorifero/ un barattolo verde/ di amore fresco./
Con la data di scadenza.
(Silvana Muzzatti da Amore con scadenza 2019).
Ci si può sentire vivi e legati a luoghi, immagini anche se appaiono confusi, contaminati e volutamente cambiati:
Tocco con la mano/ la tela di cemento, sasso forse/ imbevuto/ di colore/ che non è colore ma tempo/ spremuto da un tubetto che confonde i giorni,/ rimescolati in frammenti di passato./ Tocco con la mano/la tela fatta di ricordi/ aspri/duri/ ingentiliti da volti che non vuoi dimenticare/
e immagini dal sapore antico./ Tocco con la mano la tela:/ accarezzo un ricordo.
(Violetta Traclò da Parole su tela 2014 ).
Si è legati ai ricordi fino a viverne, fino a sentirli un film con il quale combattere il presente. Oppure si è legati alla vita anche quando delude, e allora la si cerca con rabbia e senza autoinganni:
Fame/ di vita e niente/ compromessi/ tutto qua. oppure
Essere/ una lastra di marmo, fredda e liscia,/ piallare l’anima, tagliare il nodo/ della gola perchè mai/ il dolore più s’ingorghi./ E che sia il mio tempo una chimera,/ il cerchio netto e trasparente di una sfera/ di cristallo tutta vuota,/ l’atarassia divina del non essere.
(Marta Serena da Sai… 2018).
Ma senza resa, nessuna debolezza duratura! il cedimento è sempre più passeggero:
A volte d’estate/ ti fanno compagnia/ raggi senza forza/ nè calore/ Scivoli pigra/ lungo pensieri/ che non hanno sonno/ e aspettano pazienti,/ Sudore e forse pianto/ cola dall’albero/ che sono/ o che mi sento./ Poi si ritira/ la malinconia/ come la risacca/ e torna la linfa/ a scorrerre nel tronco.
(Adele Curti da Ricordando l’estate 2021).
Che distanza dalla stretta dominante dell’Edera di Nilla Pizzi! Ora si può accettare e desiderare anche la solitudine, un mondo pieno o vuoto.
Sulla quarta parete/non ci sono quadri né fotografie/non ci sono mobili né sedie appoggiate/né tappeti a terra./ E’ uno spazio chiaro/nemmeno un punto che sbilanci la sezione/mi serve/mi sento bene nella quarta parete/ ma anche no.
(Mirella Gaspardo da Le rive lo diranno 2019).
Ma senza rinunciare a quei legami, a quella geometria che ha scritto la storia di prima di noi e di noi:
Oggi voglio abbracciare/ l’albero mio padre,/ l’albero mia madre,/ antichi gelsi/ dalle cadute copiose more/ che hanno scritto l’asfalto/ con l’inchiostro dei loro frutti/ Oggi io e voi/ facciamo della geometria/ cuori parlanti.
(Maria Pina La Marca, testo inedito).
Il cuore grande delle donne ha spazio anche per sentire l’ingiustizia della vita, scoprire un legame antico e sacro con il bene comune:
Vorrei essere pane/una pagnotta dorata/ tante pagnotte di pane fragrante,/ pane di Montecalvo./ Una fetta per ognuno che ha fame/ e saziare e consolare./ Vorrei essere pane e diventare sangue/ per chi non ha sangue,/
vorrei essere pane e speranza/ o almeno/un presagio di pane.
(Giovanna De Maio da Vorrei essere pane, 2021, rd. Terra degli ulivi, Lecce.
Ci sarebbero molti altri versi da lerggere, altre voci da sentire, che non rinnegano i legami, ma che raccontano un modo diverso di guardare ai lacci sentendoli come una rete di cui siamo parte, inesorabilmente, perché esistiamo nella misura in cui li alimentiamo. Forse le donne sentono più degli uomini il valore o il peso del legami e a ragione possono dire come Galileo Galilei:
Le cose sono unite da legami invisibili: non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella, perché, nel bene e nel male, siamo legati. Slegarci è un gesto libero, qualche volta necessario perché liberatorio, mai neutro.