La bellezza salverà il mondo.
A proposito di questa famosa frase contenuta nel celebre romanzo di Dovstoevskij, noi più semplicemente proviamo a chiederci che cos’è la BELLEZZA per ciascuno/a di noi. E ne parliamo qui partendo dell’ultimo romanzo di Luigi Manconi “La scomparsa dei colori” (Garzanti, 2024) che abbiamo presentato a Pordenone il 5 marzo 2025.
Nel corso degli anni, Luigi Manconi, sociologo e militante politico, è passato da una forte miopia all’ipovisione, alla cecità parziale e infine a quella totale.
Questo libro è la testimonianza di un percorso di coscienza e conoscenza ed è anche il racconto di un mondo nuovo pieno di echi: i suoni di una partita di basket, le note di una canzone, la voce che detta un testo o che dà un comando ad un’assistente vocale o quella dell’attore che legge un audiolibro.
E le sensazioni tattili: il calore del sole sulla pelle, mani che sfiorano i muri per orientarsi, prese incerte sugli oggetti, tibie che urtano contro gli spigoli.
Ma, soprattutto, i ricordi, perché alla perdita della vista si accompagnano le peripezie della memoria…
A proposito di ricordi, voglio riportare la mia quarantennale esperienza con i non vedenti, visto che queste riflessioni le facciamo a tre voci: con Daniela Floriduz, non vedente dalla nascita, insegnante di storia e filosofia, già presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Pordenone, U.I.C.I, di Pordenone e con Giorgio Piccinin, diventato cieco a 15 anni, impiegato in pensione e attuale vice-presidente U.I.C.I di Pordenone.

Come mi sono accostata alla realtà dei non vedenti? Insegnavo a Porcia, primi anni ’80, e il Preside ci comunicò nel collegio docenti di settembre che una bambina non vedente si era iscritta alla prima media. Era Daniela Floriduz e si trattava del primo caso di inserimento di una non vedente, in una scuola pubblica, senza l’insegnante di sostegno durante le ore di lezione. Io insegnavo lettere ed ero la coordinatrice di classe: l’abbiamo accolta nel nostro corso, il corso G! A parte l’impegno di un corso di formazione per noi insegnanti, con esame finale, anche quello in Braille, organizzato dall’Unione Ciechi di Pordenone, è stata un’esperienza che mi ha coinvolta ed arricchita. Come?
Mi sono accostata ad un mondo del tutto nuovo e sconosciuto! Ho imparato il Braille che è un codice di lettura e scrittura, così preciso e razionale che educa te vedente alla riflessione e alla concentrazione.
Ho imparato a mettermi in ascolto dell’altro/a rispettando modi e tempi della comunicazione che avviene principalmente sulla parola, sulla tonalità della voce, sulla modalità prossemica. Tutte cose che noi vedenti non consideriamo mai, anzi sempre meno visto che siamo immersi in un mondo inondato e pervaso dalle immagini. Ho imparato ad esercitarmi nella lettura ad alta voce che ho continuato a praticare e a condividere, in tutti questi anni, all’interno dell’U.I.C.I. e di altre realtà associative. È stata una scoperta continua, un mettermi in gioco, uno sperimentare nuove modalità comunicative!
Per quanto mi riguarda, posso inscrivere questa mia esperienza nel contenitore “BELLEZZA” perché mi ha arricchita, mi ha interrogata, mi ha spinta a “mettermi in gioco”. SEMPRE!
Per concludere con le parole di Luigi Manconi “Un viaggio avventuroso e memorabile nel mondo di chi non vede”.
Ed ora la parola a Daniela Floriduz

La mia idea di bellezza è complessa, multiforme e forse difficile da comunicare, soprattutto ai vedenti. Infatti, questi ultimi, a volte anche loro malgrado, sono prigionieri del bimillenario paradigma del Fedro di Platone, secondo il quale la vera idea di bellezza si coglie solo con “il più luminoso dei nostri sensi”, vale a dire la vista. Per me la bellezza nasce dall’armonia, che è ciò che mi fa stare bene, mi fa sentire rilassata e in pace con me stessa. L’armonia nasce da varie stimolazioni dei sensi: dal calore del sole sulla pelle durante una passeggiata, mentre la primavera sta arrivando e si può sentire intorno anche il profumo acerbo del verde che sboccia; da un accordo musicale in una canzone, collocato proprio nel posto esatto; dal profumo del pane o dei dolci appena sfornati; dall’odore del mare oppure dal suono di una voce aggraziata.
Potrei fare tanti esempi che, a partire da dettagli minimi, arricchiscono una giornata rendendola una “bella” giornata. Mentre la bellezza colta con la vista è quasi esclusivamente esteriore e spesso rimane legata al guscio, alla superficie delle cose, io sento la bellezza con tutto il corpo, coinvolgendo a volte anche più di uno dei sensi residui. Quindi la bellezza non rimane per me soltanto un giudizio, una constatazione, ma diventa emozione. Nei miei giudizi estetici sono abbastanza drastica: se una persona è bella d’aspetto, ma poi si comporta in modo sciocco o malevolo, nella mia percezione la sua bellezza esteriore passa assolutamente in secondo piano. Viceversa, se incontro una persona che si rapporta alla realtà in modo costruttivo e profondo, non penso neanche al suo aspetto fisico, diventa irrilevante. La bellezza è dunque una realtà multisensoriale e interiore. Mi piace anche ascoltare come le persone vedenti raccontano ciò che è bello, soprattutto in riferimento ai colori e alla descrizione che di essi mi viene riportata, ma in questo caso ciò che mi emoziona è l’emozione degli altri, mi sento partecipe del loro entusiasmo e sento che i loro racconti approfondiscono il legame tra me e gli altri. Quindi, pur essendo un sentimento indiretto della bellezza, questo sentimento si arricchisce della relazione e del dialogo, che sono ingredienti fondamentali della vita di ciascuno di noi.
E qui la testimonianza di Giorgio Piccinin
Per me la BELLEZZA è, intanto, una peculiarità, un gusto soggettivo, stimolato da percezioni e sensibilità interiori (non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace). Trovo bellezza tutto ciò che è leggero, armonico e fa star bene.
La bellezza è poter scegliere. Personalmente faccio riferimento un po’ a tutti i sensi vicari, a seconda delle situazioni, dei luoghi, delle opportunità. Mi aiuta molto, in certi casi, la memoria visiva che mi dirige ad interpretare sfumature e descrizioni. Il tatto, l’olfatto e l’udito creano un’immagine, un profumo o suono che mi accendono il sentire e creano in me benessere.
E, ancora, a proposito della BELLEZZA descritta o raccontata dai vedenti, posso dire che dipende dalla descrizione. Se chi vede fa una descrizione applicando anche dei paragoni, allora è più facile crearsi un distinguo e ricavarne un eventuale senso di bellezza. Il bello, comunque, può essere anche un alito di vento, lo sciabordio dell’acqua o del mare, piuttosto che un respiro della natura.
Anche le parole possono creare bellezza: armonia concentrata in uno scritto, di prosa o di poesia o anche nei versi di una canzone; musicalità nelle parole o il trasporto dettato dalle note, anche questa per me è BELLEZZA!
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