Conversazione con Francesca Agostinelli
Casarsa della Delizia (PN) 17 ottobre 2024
La decisione di intervistare Francesca Agostinelli, curatrice del progetto Zigaina 100, è stata naturale quando come Rivista abbiamo pensato di dedicare un numero speciale al grande artista friulano, in collaborazione con due giornali: Il Passo Giusto (ilpassogiusto.eu) e Pense e Maravee.
L’incontro è avvenuto in una sede altrettanto naturale, il Centro studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa, perché Zigaina e il regista erano legati da una profonda amicizia e reciproca stima.
Agostinelli ci accoglie amabilmente anche se guarda con un po’ di diffidenza il registratore messo sul tavolo in bella vista. Ma senza, come faremmo a ricordare quanto verrà detto? I primi momenti sono un po’ timidi poi l’atmosfera diventa più leggera e possiamo far partire le domande.
Come nasce il progetto per il centenario di Giuseppe Zigaina? È stato subito accolto? Quali i sostenitori più coinvolti e disponibili?
Il progetto non solo è stato subito accolto ma era anche atteso. I soggetti più coinvolti? Certamente in primis la Regione, quindi il Comune di Cervignano del Friuli, i Comuni del Friuli Venezia Giulia con i rispettivi Musei, L’Accademia udinese di Scienze, Lettere e Arti, Il FAI, il Festival Vicino/Lontano, l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma e certamente, dal punto di vista della concretezza per l’aiuto in termini di prestiti e disponibilità di spazi, La Stamperia d’arte Albicocco di Udine con Corrado e Gianluca. Non possiamo poi dimenticare l’attenzione che Alessandra ha riservato al progetto seguendo ogni iniziativa.
E il ruolo di Francesca Agostinelli? Quando comincia la sua partecipazione all’iniziativa?
Da tempo approfondivo i diversi aspetti della figura di Zigaina, compresi i suoi rapporti con il cinema e, in occasione del centenario della sua scomparsa, ho proposto a un gruppo di associazioni di sostenere un progetto per il centenario. L’idea era quella di partecipare a un bando regionale per finanziare convegni e studi, ma il Comune di Cervignano del Friuli ha voluto sostenere in pieno e in modo istituzionale l’iniziativa perché avesse carattere unitario e organico. Ho allora elaborato un progetto articolato; abbiamo richiesto alla Regione un finanziamento ad hoc, straordinario, che per la qualità dei diversi interventi previsti è stato approvato ed erogato. Insieme a Vania Strukelj, come curatrici, abbiamo lavorato prima sull’ idea di ricollocare giustamente la figura di Zigaina nel territorio, nelle scuole, nel paese, e dunque nella regione, per poi uscire a livello nazionale con eventi legati alla pittura e alla grafica. Importanti sono stati in questo senso una personale organizzata dal gallerista di Zigaina, Ruggero Montrasio di Milano, e la collaborazione con l’ Istituto Centrale per Grafica di Roma, giacché Zigaina è stato un grande pittore, un grande scrittore, scenografo, scrittore, ma anche un grande grafico. E volendo dare un nome a questo progetto abbiamo scelto Zigaina 100/Anatomia di una immagine, espressione questa presa dal titolo di un suo libro d’artista, con la quale però noi intendiamo alludere al desiderio di analizzare a fondo l’immagine di Zigaina stesso. Infatti abbiamo preferito all’ennesima mostra antologica un percorso strutturato e articolato che aprisse a nuovi studi cogliendo i diversi aspetti della personalità e della creatività del Maestro. Così abbiamo fatto in modo che questa estate tutti i musei pubblici del Friuli esponessero un’opera di Zigaina accompagnata da un approfondimento legato al progetto. Insomma un insieme di iniziative tese a consolidare un rapporto intenso tra Zigaina e il territorio, che si è concluso con l’acquisto della casa dell’artista da parte della Regione.
Quali gli aspetti di maggiore forza e spessore del progetto? Il settore che si è rivelato più interessante per organizzatori e pubblico? Quale la partecipazione del pubblico fino ad ora?
Partiamo dalla fine perché uno dei riscontri importanti è stato la presenza del pubblico: nelle giornate del FAI di primavera e nel giorno del centenario, il 2 aprile, la partecipazione del pubblico ha superato ogni previsione e così si sta mantenendo anche nelle ultime iniziative.
La difficoltà organizzativa più complessa? Il contributo dell’Archivio Giuseppe Zigaina?
Sicuramente è stato subito difficile dare un senso al progetto in modo che non fossero singoli episodi ma che il tutto potesse avere un andamento organico che doveva vedere, e così è stato, una sua prima parte sul territorio e una seconda parte nazionale. Il contributo dell’Archivio è stato fondamentale perché ha arricchito il progetto e rafforzato le iniziative.
Quale peso ha avuto nella vita professionale e artistica di Zigaina la menomazione del braccio?
Zigaina ha fatto uno studio profondo del rapporto tra emisfero sinistro del cervello e braccio destro e viceversa. Evidentemente soffriva di questa menomazione e ne aveva voluto approfondire le conseguenze. In sostanza il suo incidente da bambino aveva determinato un mancinismo forzato che però non gli impediva di esprimersi al meglio sul piano artistico. Non voleva tuttavia che la gente potesse collegare la menomazione alla sua arte o alla sua stessa dimensione umana e sociale. Così non ha mai fatto entrare nella sua storia il trauma subito. Vedeva in questa sua diversità la possibilità di un pensiero non convenzionale, che quotidianamente doveva mettere in discussione quanto per le persone comuni era scontato… ogni situazione imponeva uno sguardo alternativo e mai convenzionale… per via diversa il tema della diversità è stato un grande tema che lo avvicinava nei confronti della vita e del pensiero all’amico Pasolini.
Colpisce il fatto che Zigaina abbia dedicato tanto tempo e grandi sforzi interpretativi alla morte di Pasolini. Cosa che sicuramente gli ha alienato molte simpatie. Come se avesse fatto una cosa sbagliata o da evitare.
In effetti sin dalla metà degli anni Ottanta ha iniziato a riflettere sulla morte di Pasolini come ultima sua forma espressiva accuratamente scelta, costruita e organizzata da Pasolini stesso. Ha iniziato a leggere e rileggere i suoi scritti, a studiare i suoi disegni e ad analizzare i suoi film per decifrare il linguaggio criptico dell’amico e il suo progetto di morte. Questo suo impegno gli è costato anni e anni di lavoro per giungere a 7 libri pubblicati da Marsilio oltre che conferenze, video e altro ancora. Un’opera interessantissima. La sua fatica non lo ha certo premiato, anzi. La teoria che ha prodotto è stata molto osteggiata perché sostanzialmente non andava bene a nessuno.
Oggi a distanza di cinquant’anni sarebbe bene rivedere la questione in modo che non fosse in discussione quanto ci sia di vero o falso nell’ipotesi sulla morte del regista (nessuna teoria d’altronde ha offerto soluzione a questo caso). Di fatto però siamo fermi ancora a quel tempo senza comprendere la portata culturale del lavoro di Zigaina che l’artista stesso peraltro definiva “un giallo puramente intellettuale”.
La sua teoria non ha intralciato altri piani di ricerca, non ha inficiato indagini diverse di nessun tipo, non ha inquinato prove e non ha neanche scagionato nessuno. Piuttosto la teoria di una morte cercata richiedeva una rilettura critica del lavoro di Pasolini sgradita ad una certa intellighentia. Chissà…
Certo personalmente credo che la motivazione dell’impegno di Zigaina nei confronti della morte di Pasolini molto stia nel fatto che non poteva accettare il profilo di corruttore e pedofilo passato nei media, per cui ciò che pensava e scriveva sulla morte dell’amico è una sorta di elaborazione del lutto. Ne nasce una sorta di nobilitazione della fine del regista che non viene ucciso, ma sceglie di morire. Nel luogo, nell’anno, nel giorno, nell’ora, e sceglie per mano di chi.
Alla maniera di Yukio Mishima ? Come in un rituale?
Come Mishima ma anche e forse meglio, vista la vicinanza con l’Austria, dobbiamo pensare a Hermann Nitsch autore del Teatro delle Orge e dei Misteri. Ad ogni modo sarebbe bello se la teoria di Zigaina fosse ristudiata oggi in modo nuovo, perché nessuna teoria a questo punto può essere definita vera o falsa. Forse noi tutti moriremo senza sapere com’è andata veramente; allora consideriamo la teoria di Zigaina senza pregiudizi, perché è un capolavoro. L’ho affrontata nel 2011 quando ho conosciuto Zigaina che pretendeva che tutti riconoscessero che era vera. Certo in questa sua posizione non facilitava le relazioni, ma non approfondirla significa per tutti perdere qualcosa di importante e unico. È passato molto tempo. Siamo un’altra generazione.
Quale altro elemento ti sembra dunque che meriti un ulteriore approfondimento?
Sicuramente la sua scrittura merita qualcosa di più. Merita di essere considerata alla luce della complessità di Zigaina e della sua capacità di padroneggiare più linguaggi che poi confluiscono e sostengono la sua grande pittura. Ne parla anche Claudio Magris che la elogiò in occasione di un testo scritto per i 90 anni del Maestro. In modo particolare Magris osservò come la scrittura di Zigaina fosse nascosta e messa in secondo piano rispetto alla sua grande pittura. Eppure è, scrisse, “una scrittura di asciutta, sobria, calda capacità di cogliere il mondo”.
E poi la parola nel suo dato visibile nasce dal segno, elemento sensibile per Zigaina in tutta la sua arte. Sarebbe allora interessante riuscire a trovare una figura “giusta” per studiare Zigaina una figura intellettualmente alta e complessa quanto lui.
Se mi chiedi quando Zigaina inizia a scrivere devo dire che Zigaina ha sempre scritto, affiancando alla pittura articoli, interventi critici ad ampio raggio. Quando nei primi anni Cinquanta dipingeva i braccianti del Cormor già interveniva anche con parole e fatti. Andava in mezzo ai braccianti interrogandosi sul ruolo dell’intellettuale e dell’artista. E nel suo rappresentare il mondo della campagna e i suoi lavoratori sente di compiere un gesto doveroso che era quello di affidare all’umanità futura, alla storia, le lotte dei braccianti friulani.
Era interessato al dibattito culturale in senso lato. Una volta era intervenuto su una rivista di architettura perché riteneva necessario chiarirne il rapporto con l’arte.
Quale invece l’aspetto più approfondito?
Nel progetto in corso sicuramente quello grafico. Anatomia di un’immagine è una incisione, un’acquaforte con interventi di acquatinta, esposta in questo momento a Roma e abbiamo insistito sull’incisione perché il segno è fondativo per Zigaina. Sia nel disegno dal vero su cui si impegnarono tutti gli artisti nati negli anni ’20, trovandovi il fondamento del fare arte, poiché era la verità che bisognava cogliere, sia perché il segno è alla base della stessa pittura di questo artista che nell’età matura accosta il segno alla memoria, in cui i segni si sciolgono e si ricompongono secondo il senso che si vuole dare alla vita. Mi è sembrato dunque che in questo centenario il segno dovesse occupare un posto importante, e seguendo questo pensiero siamo arrivati fino all’Istituto centrale per la Grafica di Roma, che ha accolto con interesse una esposizione dei lavori di un artista che è già nella loro collezione come in quella dell’Albertina di Vienna, della Staatliche Graphische Sammlung di Monaco e nelle più grandi collezioni di grafica del mondo. Con mia meraviglia a Roma hanno in collezione un disegno dei “braccianti della bassa” del ’51 che la direzione pensava riferito ai braccianti del Polesine, non certamente a quelli del Cormôr. Ho dovuto chiarire che la bassa di Zigaina è la Bassa Friulana.
Le lotte del Cormôr, lo sciopero a rovescio hanno visto una partecipazione attiva di Zigaina come artista e intellettuale, eppure se ne parla poco. La nostra prossima pubblicazione sta dedicando un numero speciale a Zigaina e presenterà tra i diversi articoli anche un testo di Fabbro teso a delineare cosa sono stati gli anni ’50 in questo territorio e quale fu la partecipazione degli intellettuali del momento. In un video aveva raccolto testimonianze di Luigi Bettoli, Paolo Gaspari, Giuseppe Mariuz, ma lasciando intendere che molti altri furono coloro che parteciparono ai fatti di Cormôr, artisti ma anche musicisti.
Intorno allo “sciopero a rovescio” ci sono i quadri di Zigaina, i disegni e le lettere ai braccianti. Rappresentano il momento più alto che possiamo conservare di quell’allora. Anche nel lavoro di Lorenzo Fabbro e di altri autori che hanno lavorato nella sua direzione, la raccolta delle memorie è importantissima.
Sul ruolo di Zigaina però c’è ancora un vuoto di studio. Credo bisognerebbe pensare ai suoi disegni, quelli che portava nelle mostre a Milano e Roma, al Pincio, e che hanno ispirato il poemetto Quadri friulani di Pasolini. Sarebbe poi interessante fare un confronto tra i braccianti dipinti nei primi anni 50 con quelli del Primo maggio a Cervignano, insomma bisognerebbe cucire questo “sogno di una cosa” in termini più stretti e precisi.
A Roma, in questo periodo, sono esposti libri di Artista di Zigaina?
Sì, libri di artista con incisioni di Zigaina che in diverse circostanze e in altri libri aveva collaborato con artisti importanti. In questo momento all’Istituto centrale per la grafica, che ne detiene la proprietà, è esposto La natura del critico dedicato a Carlo Bo che vede insieme a Zigaina Carla Accardi, Kounellis e autori altissimi. Il tutto ben riportato nel pregevole catalogo, realizzato per l’occasione dall’editore Dario Cimorelli.
Hai conosciuto Zigaina personalmente. Cosa ti ha particolarmente colpito di lui?
Sicuramente la sua capacità narrativa unita ad una grande disponibilità. Ci siamo conosciuti perché una volta mi rivolsi a lui per farmi confermare il virgolettato di una intervista. Una cosa da nulla per la quale volle comunque ricevermi. Doveva essere una cosa di pochi minuti. Rimase a parlare con me per due ore. Poi dopo un mese mi chiamò dicendo che voleva affidarmi le sue memorie e, per tre anni, con incontri che avvenivano ogni 15 giorni mi ha raccontato la sua vita. Non ho scritto la sua biografia, almeno per il momento, perché ho capito che in ciò che mi raccontava di se’, di Pasolini, della sua visione del mondo, dei suoi ideali, c’erano dei fili che andavano tirati e approfonditi. Ad esempio il cinema che poi mi ha portato al ritrovamento di un nucleo di disegni inediti di Pasolini. Pur a fronte di tanto materiale narrato da Zigaina e altro consultato in Archivio grazie alla disponibilità della figlia Alessandra, rimanevano comunque vuoti da riempire, spazi da approfondire e su questi ho continuato a lavorare.
Mancano ancora diversi appuntamenti alla conclusione dei festeggiamenti del centenario ma sicuramente non sono mancate occasioni per maturare un giudizio personale. Quale il giudizio di Francesca Agostinelli su Giuseppe Zigaina, uomo, artista e intellettuale del novecento?
Cosa dire? Straordinario.
A questo punto Francesca ci congeda con un grande sorriso. L’aspettano in sala video per la presentazione del documentario Zigaina. La mia idea del dipingere. Noi abbiamo materiale sufficiente per un articolo interessante e possiamo solo ringraziarla per la sua gentile disponibilità.
Indice
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