Un signore gentile mi ha regalato
qualche giorno fa’ due alveari
sciamavano le api
è la stagione
e così mi sono affacciato
al mondo delle api
e come puoi non scrivere qualcosa se
ti affacci al mondo delle api?
Piccole geometrie dell’efficienza
fanno esagoni come diamanti
in celle di gestazione perfetta
pazzie a pensarci
fossili di eternità
e poi vestigia di sistemi familiari
di crudeli madrilinearità
per una gerarchia veterocomunista
di economia sociale colcosiana
così le mie piccole api di paese
che neanche pungono miti
su cui sorge il sole
votate alla luce che le guida
e questo sanno soltanto
e questo conta soltanto
in una geografia perfetta
di triangolazioni geodifferenziate
È antica come il mondo
questa smania d’estate
questo esaltato ronzio
che sa di fiori e nettare
come un delirio di corolle
di baffi di profumi
di ali e zampe solerti
di cere, celle e arnie.
È’ più antica di me
da sempre c’è
e l’hanno guardata stupiti
gli antenati
spezzando la pietra
e brandendo bastoni
e ci ha parlato di dei, di cieli
di brividi, di dio
Se ti avvicini lento
all’alveare
un passo dopo l’altro
nessuna brusca mossa
mi hanno detto
ti avvolge un volo
mortale di per sé
di per sé laborioso
concentrato su sé
come se tutto il mondo
fosse un’arnia sola
un centro finalmente.
Se stai immobile
diritto all’entrata, umile
lasciando un pò lontano ciò che sei
senti che sei estraneo
ospite se vogliamo della vita
che vibra dentro in un ronzio di sistri.
Stai fermo, immobile, ti dico
E’ un regalo, vedi,
essere ammesso come spettatore
al farsi lento e fondo delle cose
Sanno cose che non so
non saprò mai
e non so se conti
nell’armonia del mondo
nelle sorti del pianeta dico
nell’economia del tutto
più del bosone di Higgs
che forse vale un premio Nobel
un canto di Leopardi, una Gioconda
delle coordinate rubate per istinto
danzate in lenti cerchi
di un giacinto
di un’acacia promettente
nel prato più lontano