Blognotes 08
Blognotes 16

RISCHIO è il tema del numero più recente di Blognotes 16

Articolo presente in

L’incertezza di un luogo identitario

di Giuseppe Vespo, urbanista

Alcuni esempi di pianificazione urbana che hanno snaturato l’assetto originario a Pordenone

 

Il territorio si distingue per la presenza multipla o singolare di componenti capaci di emergere rispetto all’insieme in cui si trovano. Le città che occupano il territorio sono diverse per ogni società umana, qui, non si tratta di definire un metodo capace di esprimere la diversità, una teoria estetica, ma specificare da dove partire per organizzare un quadro ordinato ed esauriente al fine di non cadere nella banale opinione: “mi piace – non mi piace”.

Queste componenti areali o puntiformi non sono necessariamente appartenenti alla storia del territorio ma possono anche essere di recente formazione. Per cui si può affermare che quanto viene codificato di queste componenti (spesso sottoforma di elenco stilato secondo criteri o meccanismi istituzionali), non deve considerarsi “esaustivo”.

Perché la città è il risultato di un proponimento artistico collettivo consapevole e proiettato nel tempo così come assimilato dalla configurazione che si pone al nostro sguardo. Le persone vivono la città traguardando un sogno e una speranza di vedere sempre migliorate le proprie condizioni di esistenza.

Le persone, che guardano l’ordine formale e l’ordine sociale, sentono accrescere il sentimento di appartenenza, il desiderio di stabilità e l’ancorarsi al luogo, in questo modo contribuiscono a far crescere la forma fisica della città. Siamo abituati a vedere “la componente emergente”, come il Campanile o la Chiesa, che abbiamo codificato e fissato come elemento – componente principale del territorio, perché è una massa visibile che si impone sul paesaggio e non scorgiamo tutto il resto che gira intorno ad essi perché ci sembra banale, per esempio: quello che delimita una piazza, il disegno geometrico, o i contorni dei muri, o la posizione di un monumento, o i gradini per superare gli acclivi o il percorso della passeggiata abituale, ecc. Lo stesso ci succede quando delimitiamo una componente areale come il Centro Storico e non vediamo lo spazio sul quale si è arroccata l’edificazione, e, ancora peggio, siamo ciechi nel non vedere le parti che hanno snaturato o compromesso l’assetto originario: depositato da mille anni nella consistenza e nella disposizione dei suoi temi collettivi.

Alcune delle componenti sono anche originate da una valutazione di personaggi illustri che il territorio può vantare di avere avuto come visionari e/o taumaturgi amministratori della cosa pubblica che, per il bene della comunità, hanno favorito la formazione di progetti multifunzionali e proiettati secondo le esigenze del tempo.

La mancanza di una programmazione territoriale, sul reperimento di aree e/o edifici necessari ad assolvere il soddisfacimento di bisogni di servizi e di attrezzature, costringe la Pubblica Amministrazione a scegliere scorciatoie. Queste scorciatoie, purtroppo non necessariamente strategiche, per reperire gli spazi necessari, si indirizzano là dove ci sono già aree e/o edifici pubblici (anche se non hanno bisogno di rigenerazione), per non incorrere nelle procedure di esproprio (che seguono tempi biblici non conformi ai tempi brevi di una Amministrazione).

Queste scelte di ripiego sono una sorta di gioco amorfo sul territorio come “mattoncini LEGO” che riempiono gli spazi senza tenere conto di quale e quanta importanza avevano e hanno in quelle progettazioni, quegli stessi ambiti.

Il concetto è quello che dove c’è uno spazio libero pubblico lo si copre con una nuova cementificazione senza verificare e/o studiare cosa provocherà il nuovo comportamento urbanistico, quale “alterazione”, perturbazione, mescolanza, scaturirà rispetto all’equilibrio compositivo dell’opera originaria.

 

 

 

 

 

 

 

Tratto da: Glauco Gresleri-Silvano Varnier: Costruire l’Architettura -Electa 1981)

Viene costruita la “Scuola Jolly” sottraendo uno spazio che era definito parte integrante del progetto della Scuola Grigoletti (ex Istituto Mattiussi) progetto di Gresleri e Varnier ed altri (1971-1977), considerato a livello nazionale come scuola ideale e oggetto di studio per la riforma della scuola. Oggi l’edificio Jolly è un contenitore-scheletro in cemento armato, abbandonato, che, evidentemente deturpa ciò che era considerato modello di progettazione di spazi costruiti e spazi aperti. Quell’armonia ricercata e favorita fra le attività comuni e l’interscambio di esperienze fra allievi, e, soprattutto, architettonicamente la stecca longitudinale (lunga circa 200 metri) dove sono collocate le aule affacciate verso il grande Parco di San Valentino, che fa da collante tra i servizi scolastici e la città. Secondo i progettisti i due avancorpi che fuoriescono rappresentano due braccia aperte come segno di disponibilità e non di esclusione dalla realtà sociale della città. 

 

Centro Studi Pittana

Il progetto del Centro Studi (1948-1956) è un’opera dell’arch. Mariano Pittana

Era stato previsto uno spazio di “Piazza degli Studenti” che si ampliava, all’occorrenza, con la Piazza della Casa del Fascio (dei balli e divertimenti). Si tratta di un caso preciso di pianificazione urbanistica che poggiava le sue basi dal Piano Regolatore di Filippone-Della Rocca, dove erano state definite le posizioni di alcuni servizi necessari all’espansione e poi indispensabili alla ricostruzione della città del dopoguerra. Sono presenti stili architettonici ereditati dal periodo fascista, del Razionalismo Italiano, linee semplici per volumi funzionali, con uno studio delle prospettive per comprendere quell’insieme di opere strutturanti la città in formazione. I vuoti diventano importanti per far emergere i capisaldi del nuovo che avanza in contrapposizione alla città antica.

In seguito, la “Piazza degli Studenti” è stata trasformata in parcheggio (doveva essere provvisorio), oggi lo spazio è stato in buona parte occupato da un edificio in costruzione adibito a “Nuova sala polifunzionale” per contenere circa 72 sedute e una attività di Bar. Evidente che lo spazio aperto verso la città diventa una occupazione di suolo, una rottura alla continuità progettuale compositiva originaria, si perde la valorizzazione dei perimetri dell’edificato pianificato.

 

(vista dei Tigli prima dell’abbattimento e vista della desolante spianata di segatura residuata)

 

È stata definita “Rigenerazione urbana” quella dell’abbattimento dei Tigli quasi centenari dell’Ex Casa del Balilla – Ex Colonia Elioterapica, per la costruzione di nuovi simboli edilizi.  La versione progettuale gigantesca serve per convincere tutti i cittadini delle virtualità espressive del gruppo decisionale operante. Il raggiungimento della creazione di un’opera ai livelli del passato, delle grandi capitali (immaginando fabbriche di dimensioni smisurate), portano all’alterazione di un luogo che era stato pianificato aveva già una sua logica compositiva di insieme, una dimensione proporzionata alla grandezza del sito e poteva essere riqualificato, soprattutto, senza arrecare danno all’assetto ambientale.

Parco S. Valentino

Anche in questo caso l’intervento progettuale si inserisce con elementi utili per rendere accessibile il Parco a chiunque, ma introduce nuove attrezzature costruite in contrapposizione allo spirito di conservazione che era nelle premesse fino da quando nei primi anni ’90 fu deciso di intervenire per salvare i prati e le alberature di pregio esistenti. Il Parco Inclusivo o Parco Avventura rappresenta quella “contaminazione” che caratterizza quasi tutti i progetti, dove non ci sono freni o limiti alle iniziative perché la grandezza dell’opera deve sovrastare il valore paesaggistico, architettonico e ambientale esistente, generando un nuovo comportamento edilizio.