Pordenone era conosciuta per i suoi rigogliosi tigli. Profumati e preziosi. Non c’è vecchia cartolina che non abbia gli alberi nei luoghi strategici. Facevano paesaggio. Le cronache narrano che nei periodi estivi gli addetti di un’azienda bellunese raccoglievano i piccoli frutti per ricavare essenze rinfrescanti.
La nostra storia, baciata da Madre Natura, è fatta di alberi, di verde, di acqua. È un tratto assolutamente originale.
Si parla tanto dell’area ex Fiera. Alcune foto degli anni ‘50 evidenziano la presenza dei tigli, già rigogliosi, tutt’attorno alla Casa del balilla. Si colgono le caratteristiche di un vero e proprio bosco urbano, che è diventato paesaggio.
Oggi l’area è luogo di forte identità, luogo del cuore e dell’anima. Da qui nasce la forte resistenza all’ipotesi di sacrificare gli alberi per una palestra (nulla di più di una palestra che può essere ricostruita lì dov’è rispettando l’ambiente).
Sì è rafforzata nei decenni un’identità intergenerazionale che è tanto pordenonese: forse queste caratteristiche possono sfuggire a chi non è pordenonese e non conosce la sedimentazione della storia in quel luogo. Quell’energia identitaria si è rafforzata negli anni con la trasformazione dell’area da espositiva (Fiera campionaria) a sportiva (basta solo ricordare la Romolo Marchi, squadra di basket). Nel frattempo, la piastra esterna è diventata punto di incontro per tante generazioni. Lo spirito del campetto attrae tuttora persone in tutte le ore del giorno. È il luogo sportivo quotidianamente più frequentato della città, “palestra” di vita e aggregazione sociale. Soprattutto i giovani gradiscono la libertà del gioco, senza i vincoli associativi di una palestra chiusa, in un contesto ambientale unico. Ci sono luoghi di vita che si trasformano in luoghi di forte identità. Irripetibili.
Le foto degli anni ‘50 (archivio Argentin) evidenziano i tigli già ben sviluppati dietro la Casa del balilla, prima ancora dell’utilizzo dell’area per la Fiera Campionaria negli anni ‘60.