Blognotes 08
Blognotes 16

RISCHIO è il tema del numero più recente di Blognotes 16

Articolo presente in

Tracce

di Giorgio Degasperi

In questi tempi moderni mi dedico a seguire, con spirito un po’ romantico forse ottocentesco, le tracce degli “arcobaleni”. Ho scoperto, così, che in friulano arcobaleno si dice arc di San Marc, ed è proprio da qui che mi pregio di partire per tracciare alcuni segni significativi di quelli che per me, forestiero, sono i “furlans”, intesi come coloro che abitano il territorio del fFriuli.

Forse vi è conosciuto il paradosso dell’arcobaleno: esiste solo se tre componenti, il sole, l’umidità dell’aria ed un osservatore, si trovano in un certo rapporto triangolare, in una particolare angolazione, che darà vita al fenomeno “arcobaleno”.

In questi anni di viaggi in Friuli mi è capitato spesso di poter intravedere, in luoghi, sguardi e parole un riflesso del vostro speciale Arc di San Marc. Ora mi chiedo quanto si possa in generale essere consapevoli di un tale riflesso o se forse, grazie ad un viaggiatore come potrei essere io, o all’innamorato o al testimone occasionale, si possa sapere qualcosa di più quello strano accadimento, l’arc di San Marc furlan, che proprio mentre ti avvicini, si allontana.

Con un affettuoso atto di presunzione provo, allora, a prendere in sequenza questi ruoli riportando tre esperienze, nell’ardire di tracciare ipotesi dell’esistenziale questione.

Una delle prime volte che sono passato nelle vostre terre, un caro amico, e ormai storico mio ospite, Denisio P., mi ha portato a vedere uno strano fenomeno naturale: una fontanella da cui sgorgava un’acqua che, se esposta ad una fiamma viva, prendeva fuoco. Un vero paradosso che mette insieme paradiso ed inferno. E di questo paradosso, in prossimità della fontanella, vi era l’emerito compimento: un campanile che non superava i tre metri di altezza. Di fronte a questi due fenomeni, del secondo chiesi ragione a Denisio P. Che succintamente spiegò come la caparbietà dei parrocchiani si fosse misurata, nella costruzione della chiesa, con i nobili del paese. Quest’ultimi, infatti, decisi a donare le campane, informarono, in corso d’opera e a cantiere aperto, che volevano interdetto lo scampanio per i riti destinati ai socialisti… La “nobile” donazione per le campane venne a quel punto rifiutata dai villani, il campanile rimase a “terra” non più alto di tre metri. Non vollero rinunciare i villani alle più belle le campane del circondario, per far valer, forse, che il paradiso e l’inferno non si misurano con l’altezza del rango, ma con la profondità del suono della fede delle anime dell’intera comunità. Ripensando alle due componenti, la fontanella e il basso campanile, mi sorge una prima domanda: non è forse che per vedere l’arcobaleno furlan occorra una profonda coerenza nella propria fede, qualsiasi essa sia?

Fontana di Bosplans, Foto di Marco Casolo 2022

Non molto tempo dopo sono tornato nella vostre terra e, sempre con il caro amico, mi è stata concessa un’altra esperienza magnificente: ho visto come un fiume intero, nel vero senso della parola, possa sgorgare tutto ad un tratto dalla costa di una montagna! Non lontano dalla sorgiva si trova un’altra fontanella, la cui acqua, secondo le credenze del posto, è miracolosa per le malattie degli occhi. Una fonte sacra vicino ad un miracolo della natura. La profondità di questa esperienza mi ha segnato a tal punto che, per l’addio ad una persona molto amata, decisa a tornare alle sue radici oltre oceano, non ho potuto fare altro che darle un ultimo appuntamento proprio alle fonti di quel fiume. Là abbiamo potuto celebrare, con una lavaggio dei nostri occhi per meglio “vedere” ciò che stavamo vivendo e con uno splendido e ghiacciato tuffo nel fiume della montagna, come il nostro amore, inevitabilmente da quel momento, sarebbe stato solo carsico.

Ancora una volta due elementi e la seconda domanda: per comprendere queste terre bisogna forse accettare le forme cangianti con un amore, che pur invisibile, carsico, sempre fluisce?
È passato quasi un lustro, ma non ho smesso di essere un testimone occasionale del vostro territorio. E non solo della geografia o di originali manufatti, ma sempre più di “fenomeni” umani. Questo in virtù del fatto che, oltre a Denisio P., ho potuto conoscere Enrichetta S. e grazie alla stima che nutriamo reciprocamente, abbiamo potuto insieme immaginare e realizzare momenti speciali di incontro e di scambio con il variegato mondo dei furlans.

Qui vi sto parlando di uno speciale arc di san Marc che non smette mai di essere, ogni giorno, tutti i giorni, per sempre. Di questo arcobaleno, le cui tracce sono le più evidenti, è forse più difficile parlare, perché la sua presenza quotidiana lo rende particolarmente difficile da vedere. Concretamente con Denisio P. abbiamo pensato per il suo studio un’Officina Filosofica che, ad ogni cambio di stagione e per una intera settimana, desse la possibilità, alle persone in attesa, di parlare del proprio personale filosofare.

Mentre con Enrichetta S. abbiamo realizzato svariati corsi di formazione professionale nei Comuni di Udine, Sacile e Pordenone. Sia nel filosofare, sia nel formare ho potuto intravedere il mitico luogo da cui promana forse il più importante arcobaleno furlan. E’ un luogo dal nome ben chiaro: lavoro.

Dignano. Foto di Marina Stroili 2022

Ora nell’atto di concludere, vi chiedo di prendere, voi stessi lettori e lettrici, una posizione che vi metta nella giusta angolazione rispetto a due elementi: da un lato la testimonianza di ciò che ho scritto e dall’altro la considerazione e l’importanza che voi date al lavoro. In altre parole vi chiedo di interpretare per un attimo l’atto di guardavi tra voi, e, se vedete per caso altri arc di san Marc, di scrivermelo, vi prego, indirizzandolo qui info@studioinse.it. – Giorgio Degasperi (praticante di teatro comunitario e di facilitazione sistemica)

P.S. se poi qualcun@ riconosce i luoghi citati non mancate di chiedere alla redazione di dedicare un numero alla storia dal basso per onorare tutte quelle vicende che rischiano l’oblio a causa dell’effimero effetto arcobaleno.

ARC DI SAN MARC

note storiche di Mauro Vale

Espressione friulana equivalente al termine italiano “arcobaleno”.

Arc di San Marc (Ermes di Colloredo, Poesie in lingua friulana, Udine 1785).

Arc di San Marc (Jacopo Pirona, Vocabolario Friulano, Venezia 1871).

Arc di San Marc (Gio Batta De Gasperi, Termini geografici del dialetto friulano, in Arrigo Lorenzi, «Termini geografici dialettali di regioni italiane», Firenze 1922. L’opera registra anche: Arc celest; Puint di…; Segno di…).

Arc di San Marc (Giulio Andrea Pirona, Ercole Carletti, Giovanni Battista Corgnali, Il Nuovo Pirona, Udine 1935. L’opera registra anche: Arc celest; Puint di…; Segno di…; Cercli di…).

Arc di San Marc (Giovanni Frau, I nomi friulani dell’arcobaleno, in «Aree lessicali. X convegno sugli studi dialettali in Italia», Firenze 1973.

Arcobaleno = Arc di San Marc (Gianni Nazzi, Vocabolario Italiano-Friulano, Udine 1993. In prima battuta l’opera registra: Arc celest).

VALENTINO OSTERMANN

Arc di San Marc, Arc celest (Arcobaleno o iride) in

“La vita in Friuli – Usi, costumi, credenze popolari”,

Udine 1940 (Ristampa della 2^ edizione. 1^ edizione: 1894).

È il pegno d’alleanza dato da Dio agli uomini, e li rende sicuri che la fine del mondo non è ancora vicina; si dice, infatti, che per 40 anni prima dello sfasciarsi del nostro Globo non si vedrà più l’arcobaleno.

Chi ha la fortuna di trovarsi dove l’arcobaleno tocca la terra, può raccogliere eccellenti colori, che non sbiadiranno né per l’azione del sole, né per quella della pioggia. Mi raccontava un amico d’aver veduto una volta una donna di Campo di Gemona correre con due secchi vuoti in mano; e avendole egli chiesto dove andasse tanto frettolosa, rispose che correva a raccogliere i colori dell’arcobaleno, né fu possibile persuaderla della stoltezza del suo proposito.

Dove l’iride tocca la terra, si disseccano l’erbe e le piante, e spesso i contadini, incontrando un albero che repentinamente avvizzisce, dicono: l’a di sei pojâd lì267 l’arc di San Marc. Il primo arcobaleno che apparisce in primavera (su l’avierte), dà il pronostico dell’annata: se predomina il verde, si avrà abbondanza di foraggi; se sopra tutti i colori spiccherà il rosso, si avrà un abbondante raccolto di vino generoso; se il giallo, sarà ricco il fraccolto di granoturco.

L’arcobaleno pronostica anche il tempo; ordinariamente si crede foriero di bel tempo, ma il pronostico non è sempre uguale e talvolta si crede che significhi maltempo per tre giorni. Anche il Del Negro riporta tale credenza al 27 rnaggio 1762: — «In tal giorno fu l’arco di S. Marco, e significa, come successe, tre giorni di vento». E più innanzi: «Nel 9 giugno 1762 fu l’arco, cadette da sol levato a mezzogiorno, e durò tre giorni di pioggia, come succede; alli 10 ottobre fu l’arco celeste verso mezzanotte [?!] dinotando pioggia, e piovve 22 giorni». — «Al 1. luglio 1772 furono due archi celesti verso sol levato alle 21 ore, che dinotavano tre giorni di pioggia, e si è anche verificato». —

Il cercli di San Marc la matine — ploe vizine.

L’arc di San Marc la domàn — no ven la sere ca nol sei pantan.

In tono sarcastico i nostri giovanotti cantano:

Mariutine ul sedi biele,

Fantazzine di tant sest;

‘A jè verde, ‘a jè ‘zale,

‘A semee l’arc celest.

Deve essersi posato lì.

Di mattina.

Vuol essere.

GILBERTO PRESSACCO

Nell’opuscolo Tracce musicali della tradizione marciana nell’area mediterranea (Pordenone 2002), oltre quelle già illustrate per sottolineare i legami tra le fonti marciane di Alessandria e la Chiesa primitiva di Aquileia, l’Autore riporta alcune prove supplementari tra cui ricorda «la tradizionale definizione in Friuli dell’arcobaleno quale arc/puint di San Marc (arco/ponte di San Marco)».

Secondo la tradizione friulana, che Pressacco sostiene nelle sue opere con intelligenza straordinaria, l’evangelista è il fondatore della Chiesa aquileiese su mandato dell’apostolo Pietro e il consacratore del suo primo vescovo Ermacora..