Blognotes 08
Blognotes 16

RISCHIO è il tema del numero più recente di Blognotes 16

Articolo presente in

Tracce di giustizia

di Carla Padovan, Marina Stroili, Sidi Oubana

Di questa proposta di legge, lo Ius Scholae, non se ne è parlato né a livello politico né nei mass media, ma ormai il tempo è più che maturo per affrontare questo tema.

Che cos’è lo Ius Scholae ?

Il testo permette l’acquisizione della cittadinanza italiana al minore straniero che, sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, sia risieduto legalmente e senza interruzione nel nostro Paese ed abbia frequentato regolarmente per almeno 5 anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale, idonei al conseguimento di una qualifica professionale.

Lo Ius Scholae è differente dallo Ius sanguinis e dallo Ius Soli. Lo Ius Sanguinis, attualmente in vigore in Italia per l’acquisizione della cittadinanza, si fonda sul fatto che è italiano chi nasce da almeno un genitore in possesso della cittadinanza e ne “ eredita il sangue”.

Gli stranieri che arrivano nel Paese possono chiedere la cittadinanza per naturalizzazione solo dopo 10 anni di permanenza continuativa sul suolo italiano. I loro figli invece, devono aspettare il compimento della maggiore età, dimostrando di aver vissuto ininterrottamente qui dalla nascita. Per lo Ius Soli, il diritto di cittadinanza si acquisisce con la nascita sul territorio di uno stato, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori. Gli stati che applicano lo Ius Soli sono il Brasile, il Canada, gli Usa. Il Regno Unito, Germania e Francia applicano forme modificate dello Ius Soli : oltre alla nascita sul territorio, sono richieste diverse condizioni variabili da stato a stato.

Se analizziamo la presenza della popolazione scolastica nel 2021, relative alla nostra regione FVG, si constata che su 7.400-8000 bambini 0-3 anni presenti, il 17-18% sono stranieri e su 10.000-10100 ragazzi 11-14 anni, il 9-11% sono stranieri. Nella Provincia di Pordenone nel 2021 su 2000-2300 bambini 0-3 anni , il 20 -22% sono stranieri e su 3000-3100 ragazzi 11-14 anni, 10 – 12 % sono stranieri.

Questo per sottolineare quanto sia importante ed urgente riflettere per tempo su una legge che offra pari diritti ad una frangia di bambini già presenti nel nostro territorio ormai da molti anni.

La legge, in discussione generale alla Camera dal 29 giugno 2022, riguarda un milione di ragazze e ragazzi che oggi vivono in Italia e non hanno la cittadinanza

italiana.​

Sono oltre 870.000 gli studenti di origine straniera nella scuola italiana e quasi 2/3 sono nati in Italia.

La maggior parte degli studenti di origine migratoria si concentra nelle regioni settentrionali ( 65,3%) e la Lombardia è da sempre la prima regione per numero di alunni stranieri con oltre 224.000 presenze ( = 25,6% delle presenze totali).

Si tratta di porre fine ad una discriminazione nei confronti di bambini/ ragazzi che vivono in Italia, studiano in Italia, spesso con risultati molto brillanti, parlano italiano, giocano e vivono a stretto contatto con i nostri figli e nipoti, ma non hanno la cittadinanza italiana.

L’attuale legge infatti, che risale al 1992, non prevede che i figli di genitori stranieri, nati in Italia o giunti nel nostro Paese, possano acquisire la cittadinanza italiana prima della maggiore età.

Save the Children ha inviato una lettera a tutti i parlamentari chiedendo un atto di responsabilità per le nuove generazioni che crescono nel nostro territorio.

Assicurare che questi bambini si sentano interamente cittadini della comunità in cui crescono è fondamentale per garantire ai bambini/ragazzi con background migratorio una piena condivisione dei diritti e delle opportunità dei loro coetanei.

Le testimonianze che seguono danno voce e sottolineano l’importanza e l’urgenza di dare a questi ragazzi una risposta degna di un paese civile…

Mi piace pensare che la saggezza dei popoli abbia sempre qualcosa da insegnare e questo Canto popolare dell’America Latina è un’apertura alla speranza:

“ Nessun cammino è lungo

per chi crede

e nessuno sforzo

è grande per chi ama

Seminiamo l’aurora ,

oggi, di un giorno nuovo “

Sulle tracce della cittadinanza italiana: testimonianze

Testo e foto di Marina Stroili

Sono nata in Italia 16 anni fa all’ospedale di Pordenone, il mio nome è Leila. Faccio l’Ipsia Flora e mi piacerebbe molto seguire l’indirizzo turistico, perché gli insegnanti dicono che sono portata per le lingue e vado abbastanza bene a scuola. A casa con mia madre parlo malayalam, l’indiano del Kerala, terra d’origine della mia famiglia. Vivo con mia madre e mio fratello, finalmente tranquilli perché mamma ha un lavoro fisso come aiuto cucina. In India aveva frequentato l’università, ma qui i suoi studi non valgono.

Non ho la cittadinanza italiana, ma ci penso spesso perché mi sento un po’ “ a metà”, come se l’essere nata qui, l’aver fatto tutte le scuole qui, avere una educazione ed una mentalità che tiene conto dei valori, della cultura e delle leggi italiane non fosse abbastanza. Sono anche andata a cercare su Internet per vedere se e quando potrò averla. Ho letto che la legge italiana prevede che i ragazzi come me, figli di genitori stranieri nati in Italia, abbiano la cittadinanza dei genitori; così mi spiego perché io ho la cittadinanza indiana. A quanto ho capito, come figlia di due genitori entrambe  stranieri, nata in Italia e legalmente residente dalla nascita fino ai 18 anni, con la maggiore età potrò fare domanda di avere la cittadinanza.

Nel mio caso la possibilità prevista dalla legge italiana, forse si potrebbe anche complicare, perché a 3 anni ho fatto ritorno in India per un periodo di quasi un anno. Ho vissuto con la nonna, perché mia madre non ce la faceva in quel periodo a seguirci e fare la formazione per trovare poi un lavoro stabile e mantenerci. Ho parlato con la mia insegnante di educazione civica, chiedendole di darmi una mano a comprendere bene come potevano funzionare le cose nella mia situazione. Si, sono rimasta un po’ male quando mi ha spiegato che per avere la cittadinanza italiana potrebbe essere necessario dimostrare con altri documenti, ad esempio certificati medici, certificati scolastici etc. che ero in Italia dalla nascita ed ho mantenuto questa presenza fino al compimento del diciottesimo anno di età tranne che per il periodo diciamo così, di buco, in cui ero in India.

Mamma mi ha rassicurata, che ha conservato tutte le carte che potranno servire, ad esempio del medico e della scuola. Così sto cominciando a mettere via i soldi che servono per la pratica: più di 200 euro mi han detto.

Appena compio 18 anni ho intenzione di chiedere subito la cittadinanza italiana perché ho letto che i tempi potrebbero anche essere lunghi, in alcuni casi, fino a 24 mesi.

Mi chiamo Sidi Oubana

testo e foto di Sidi Oubana

Mi chiamo Sidi Oubana. Sono nato il 12 dicembre 1994 in Niger e sono arrivato in Italia, a Pordenone, quando avevo quasi 7 anni.

Qui ho fatto tutte le scuole, dalle elementari presso la sede di viale Trento, la scuola media a Porcia ed infine le scuole superiori: ho frequentato l’istituto professionale IPSIA Pordenone.

Sono il maggiore di 5 figli; in casa con i miei genitori si è sempre parlato di cittadinanza italiana: mio padre l’ha ottenuta nel 2015, mia madre nello stesso anno ed io nel 2016, perché avevo appena compiuto i 18 anni quando loro l’hanno ottenuta. È stata una sfortuna perché io sono diventato maggiorenne qualche mese prima che tutti loro ricevessero la cittadinanza italiana, quindi io ho dovuto richiederla per conto mio dato che ormai ero adulto.

Quando mio padre ha fatto il giuramento, ha chiamato alcuni amici italiani a presenziare: era orgoglioso di ottenere la cittadinanza italiana. Questo è il Paese che lo ha accolto come migrante regolare, che gli ha consentito di trovare un lavoro, a noi figli di poter studiare in una scuola pubblica e poi poter avere una casa nostra.

Per me avere la cittadinanza  italiana ha comportato un senso di appartenenza a questo Paese dove sono cresciuto e mi sono sempre sentito a mio agio. Mi sono sentito uguale a tutti i miei compagni: ora sapevo di poter fare le gite scolastiche come tutti quanti gli altri allievi della classe senza badare a documenti e permessi per partire lontano, mi sentivo uno come tutti finalmente, dal punto di vista della legge almeno.

Ne ho parlato anche con gli amici a scuola che mi erano più vicini e condividevano i miei valori di giustizia sociale, ai quali tenevo molto.

A seguito di questo ho anche sentito il desiderio di partecipare alla vita sociale e politica di Pordenone e mi sono candidato con una lista civica per capire cosa potevo fare veramente per la mia città, quella che mi ha sempre fatto sentire parte integrante della sua comunità.

Dopo aver completato gli studi superiori, mi son reso conto che le cose non andavano molto bene nella mia città ed in Italia in generale per via della crisi economica e politica, dove, fra le atre cose, riemergevano segni di idee razziali e di una politica che non mi rappresenta. Quindi ho deciso di partire, di andare all’estero, non importa dove, volevo solo partire lontano da queste idee antiche di comunità e integrazione. 

Anche un po’ casualmente sono arrivato in Gran Bretagna, col dispiacere di lasciare Pordenone e l’Italia, ma a quel punto non vedevo altra soluzione: sentivo il contesto farsi sempre più stretto e sempre più difficile, specialmente per me che non ero “un italiano bianco”, cioè un italiano vero dicevano..

A Manchester mi sono trovato più che bene, sono stato ben accolto e finalmente mi sono sentito uguale un po’ a tutti, dato che eravamo tutti un misto di tutto; culture, paesi e religioni.

Così ho deciso di restare a Manchester lavorando la sera per mantenermi e quindi ho intrapreso gli studi universitari presso l’Università Metropolitana di Manchester (Manchester Met) seguendo i corsi di Relazioni Internazionali e Francese, dove mi sono laureato il 19 luglio 2022 dopo 4 anni di studio.

Quando sono arrivato in Gran Bretagna con la doppia cittadinanza mi son sentito in un punto di vantaggio rispetto a molti, nello stesso tempo mi sentivo anche smarrito culturalmente, non sapevo a chi appartenevo, quando mi chiedevano di dove ero; io sapevo sempre e solo rispondere Italia.

Ma qualcosa dentro di me mi faceva venire sempre dei dubbi, in particolare per come l’Italia l’Italia stessa e la situazione in cui mi sentivo in qualche modo sia stata la molla a spingermi “in adozione” alla Gran Bretagna. Arrivato qui ho trovato più diritti, però nello stesso tempo ho perso un po’ della mia identità italiana, quella che pensavo di avere. Da una parte sentivo che le istituzioni mi avevano fatto credere che anche io ero italiano, dall’altra mi pareva che questo senso forse fosse solo sulla carta. Così è avvenuto il distanziamento da un Paese che tuttora non mi vuole riabbracciare, perché non offre molto per la mia realizzazione e crescita professionale. A volte mi chiedo perché sia stato necessario lasciare l’Italia per realizzarmi, crearmi un futuro e capire meglio il mio valore e la mia destinazione. 

La Gran Bretagna per le mie esigenze si è dimostrata anni luce più avanti dell’Italia quando si tratta di carriera e diritti, un paese che consente ai giovani di iniziare a lavorare a 16 anni, oppure di lavorare e studiare contemporaneamente, conquistando l’indipendenza al più presto possibile. Mi sono mantenuto da solo mentre studiavo, facendo diversi lavori, dal commesso di abbigliamento al cassiere di supermercati.

Adesso i miei programmi sono quelli di costruirmi una carriera a Manchester e forse stabilirmi definitivamente lì. Ho sempre il desiderio di tornare in Italia, che sembra essere il posto perfetto per qualche vacanza estiva, ma vivere qui con l’offerta di lavoro che propone proprio non ce la vedo, non avrebbe senso, lo vedrei come un tornare indietro rispetto al percorso che ho intrapreso.

L’Italia manca sempre a tutti quelli che l’hanno lasciata, ma quando ci torniamo per qualche settimana di vacanza a vedere la famiglia ci ricordiamo del perché l’abbiamo lasciata, è troppo indietro rispetto al mondo che conta.

Ha problemi politici, sociali ed economici, se non si aggiustano quelli non puoi aggiustare il resto del paese e a me pare che questo paese rischia di restare così, bello fuori e rotto dentro.