Blognotes n 18
Blognotes 18
ISSN 3035-4196

Blognotes (online)

BELLEZZA è il tema del numero 18 di Blognotes

Articolo presente in

Una Venere affascinante e intelligente…

di Andrea Crozzoli. (foto Serena Gallorini)

Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza

«Ma lei ha qualcosa in più di me!» affermò, alludendo sorniona, Iva Zanicchi, sul palco dell’Ariston a Sanremo 2022, alla conduttrice ‘en travesti’ Drusilla Foer, la quale seccamente rispose: «Sì, sono colta!».

Ecco subito esplicitata, l’arma che rende affascinante e bellissima la Foer è la sferzante ironia, la sagacia, il talento, l’intelligenza che le dona un allure, un fascino tutto particolare. Nonostante si stia vivendo un risveglio delle destre conservatrici, che riducono sostanzialmente i diritti delle minoranze, che vorrebbero introdurre due soli generi (maschile e femminile), che vorrebbero arrivare fino al punto di distinguere tra omosessuali e “normali”, tra italiani e italiani dai tratti somatici non italiani, la fluida eleganzissima Drusilla Foer richiama stuoli di adoranti spettatori (e spettatrici) che riempiono i teatri dell’italica penisola dove lei si esibisce. Uscita dalla fantasia di Gianluca Gori il personaggio della Foer si rifà in qualche modo alla tradizione del teatro shakespeariano quando le donne, non potendo salire sul palcoscenico a recitare, erano interpretate da uomini. Sul personaggio di Drusilla, per dare maggior spessore, Gori ha costruito un presente come cantante, attrice, scrittrice, drammaturga, con l’aria da gloriosa fotomodella in pensione, che usa la sua impeccabile immagine per snocciolare riflessioni su grandi temi di attualità, ma sempre con una punta di libera intelligente ironia.

Ha costruito anche un immaginario passato dove si dice sia cresciuta in una facoltosa famiglia fiorentina, abbia trascorso poi diversi anni all’estero (Cuba e a New York), dove ha aperto un negozio di antiquariato nella Grande Mela, diventando migliore amica di Tina Turner. Il suo primo marito è un texano, il matrimonio però finisce presto e lei convola a nuove nozze con il belga Hervè Foer, della famiglia Dufur che la lascia infine vedova.

Da notare che Drusilla, nella storia, era l’amata bellissima sorella di Caligola, morta a soli 21 anni. Qui, nel 2010, Gori declina la bellezza in intelligenza, classe, ironia, nei panni di Drusilla, dove passa velocemente da internet alla televisione, entrando nel cast del programma di Serena Dandini Show Must Go Off. Sarà poi una delle co-conduttrici di Sanremo 2022 assieme a Ornella Muti e Sabrina Ferilli. Farà anche delle incursioni nel cinema tra cui in Magnifica presenza diretta da Ferzan Ozpetek. A teatro, oltre a Venere Nemica è stata la voce narrante de L’histoire du soldat di Stravinskij. E per non farsi mancare nulla ha firmato anche il volume Tu non conosci vergogna – La mia vita eleganzissima, ovvero la sua autobiografia fra mito e fantasia, nella quale non manca certo della sagacia e dell’acume che la contraddistingue.

Dopo una lunga pausa dovuta ad una brutta polmonite con ascesso, una malattia che l’ha portata «A non vedere una ciglia finta per 6 mesi!» dice scherzando Drusilla, è tornata sul palcoscenico di Bologna, al teatro Costituzione, con Venere nemica una pièce teatrale scritta e interpretata dalla stessa Drusilla Foer con la collaborazione di Giancarlo Marinelli e la regia di Dimitri Milopulos. Ispirata alla nota storia di Apuleio in Amore e Psiche contenuta all’interno de Le Metamorfosi, l’affascinante Foer veste, e non poteva essere diversamente, i panni di Venere, dea dell’amore e della bellezza, riletta però in chiave attuale, con la dea creatura immortale che dopo aver girovagato per secoli, vive oggi a Parigi, lontana da quel litigioso Olimpo e dai suoi capricciosi e vendicativi parenti-serpenti. Parcheggiata ora tra gli uomini, di cui invidia la mortalità, condizione che li costringe, vista la limitata temporalità a disposizione, all’urgente necessità di vivere emozioni, esperienze, sentimenti. Venere, quindi, può permettersi finalmente di essere imperfetta tra gli umani. E nel momento in cui gli uomini non credono più agli Dei ma agli eroi, ripiomba nel passato: nella storia di Amore, il figlio ingrato e disobbediente, e Psiche, sulla quale Venere – da suocera/nemica – riversa tutto il suo rancore di Dea frustrata e di Madre tradita. Ma nel paradosso feroce e dolcissimo della vita che non risparmia nessuno, nemmeno gli Dei, Venere insieme all’odio scopre anche l’amore: un amore infinito e incondizionato per quel figlio ferito che, in fuga dall’amata, torna da sua madre per curare il corpo e l’anima.

L’intelligente versione della Foer, nel riscrivere il mito di Apuleio, sceglie di battere il versante ironico e commovente allo stesso tempo, mantenendosi elegantemente in bilico tra tragedia e commedia, declinando con classe i grandi temi della contemporaneità: la competizione suocera/nuora, la bellezza che sfiorisce, la possessività materna nei confronti dei figli, il conflitto secolare tra uomini e Dei.

La Foer rivisita così il mito di Venere fra bellezza e ironia con un testo divertente, raffinato e sagace come madame Drusilla ci ha abituati. In tempi duri per tutti – in particolare per gli dèi in deficit crescente di fede e consenso – potersi permettere finalmente di vivere nell’imperfezione dell’umano esistere, godendo di debolezze come la moda e il lusso, non è cosa da poco per la nostra immortale eroina. Gli archetipi affrontati nel testo si rivelano di un’attualità disarmante, resa ancora più evidente dal trasparire della personalità spiccata dell’interprete, nel ruolo della dea, ora vivente fra gli umani mortali. «Io credo che parli un po’ di tutto: della bellezza, delle fragilità deliziose che fanno parte dell’umana stirpe, del valore della morte che dà una brama di vivere che altrimenti non avresti.» ha dichiarato con lucidità la Foer senza smettere mai di stupire. «Se c’è una cosa che un Dio detesta è non essere creduto!», afferma Drusilla sul palco e dinnanzi a questa Venere – lieve, ironica, tagliente, spietata – e al suo incredibile teatro, il pubblico plaudente rimane incantato.

In conclusione, mai aforisma fu più adatto: “Se gli uomini fossero belli ed intelligenti, si chiamerebbero donne”.