Francesca Di Sopra conduce una propria ricerca attraverso il linguaggio della Fotografia,
mettendolo in costante comunicazione narrativa con altre discipline artistiche quali il teatro, la letteratura e l’illustrazione.
“Uno scomodo, inopportuno, invadente compagno di viaggio/Mrs. J. Parkinson. Auguri Paolo!!” è un’opera realizzata nel 2020
che ha ricevuto la menzione speciale alla XVII Edizione del Premio Marco Bastianelli.
Nel maggio del 2021 è uscito il fotolibro Brussa/Land, coprodotto con Maria Chiara Caccia.
Se intese come documenti di una memoria affettiva, le fotografie contenute nella scatola di scarpe che ogni famiglia conserva in qualche angolo della casa, secondo Hervé Guibert, sono inutili nel momento in cui esprimono un distacco tra istanti che rappresentano ed esperienze che non sembra di aver vissuto: “Si dice che la ragion d’essere delle foto di famiglia sia conservare i ricordi, ma essa crea invece delle immagini che vi si sostituiscono, che li ricoprono, e che sono una specie di storia degna, appianata e intercambiabile […] Eppure queste fotografie hanno un altro potere di reminescenza, quasi indicibile”[1].
Questo paradosso – ovvero la capacità della Fotografia di sfuggire a ciò che rappresenta per andare altrove – è, in un certo senso, la natura “naturalmente surreale” della Fotografia di cui parla Susan Sontag[2]; essa produce una sorta di cortocircuito semantico, frutto della libera cooperazione tra i fattori che la generano: il soggetto inserito nel suo contesto, il fotografo che lo congela in un istante e chi, con tutti i possibili gradi di prossimità con gli altri fattori, la guarda.
Parafrasando il celebre slogan “You press the button, we do the rest”[3] – dove the rest è tutto ciò che accade all’immagine dall’istante successivo a quello dello scatto – la Fotografia non è mai predeterminata dall’intenzione di chi la genera.
La narrazione di Francesca Di Sopra si insinua in questo varco, trova spazio laddove le immagini e le connessioni di significato si sfocano per riaprirsi a molteplici possibili comprensioni.
La prima delle quali è la sua, perché nel suo lavoro “Uno scomodo, inopportuno, invadente compagno di viaggio/Mrs. J. Parkinson. Auguri Paolo!!” non ci sono immagini realizzate da lei. E nemmeno parole, scritte da lei.
Tutti i contenuti del suo Libro d’Artista appartengono al padre che li aveva conservati in una di quelle scatole di famiglia: fotografie di fiori (che in realtà erano raccolte in un album organizzato con rigore tassonomico) e le vedute delle montagne che amava e alle quali riservava un rispetto pari alla fatica che impiegava per scalarle fino alla cima.
E poi un diario che egli cominciò a riempire col metodo di un contabile (il suo lavoro “ufficiale”) dal giorno in cui scoprì la sua malattia; questo rigoroso resoconto contiene tabelle con i dati clinici, i grafici dell’encefalogramma, rileva ogni sintomo, ogni tremore, ogni cambiamento determinato dal morbo, ai quali si sovrappongono alcuni appunti scritti che sembrano voler sfregiare o forse schernire il suo “compagno di viaggio”.
Francesca Di Sopra, che conosce bene la riflessione di Joan Fontcuberta sulla forza iconografica delle immagini[4], decide di non aggiungere materialmente nulla, in quanto quello che c’è già basta a ricucire la sua narrazione, una sorta di cut-up in cui connette, per usare le parole di William Burroghs, “pezzetti vividi di dettagli che svaniscono”[5].
Ciò che vuole raccontare l’artista “è la storia di un uomo che cammina e scruta, analizza e verifica, cade e si rialza, ma le sue gambe non lo portano più dove vorrebbe andare”[6].
Il titolo del diario di Paolo è il titolo dell’opera stessa, compreso il refuso[7] che genera un aggiuntivo incidente interpretativo sull’appartenenza (dell’opera? della storia? della malattia?).
Il sottile filo rosso – fisicamente presente nel libro – che tiene insieme i frammenti è una successione formale a più dimensioni. Va intesa come un pre-testo che accompagna la connessione poetica tra la fatica dell’alpinista per raggiungere la vetta e il dolore della scalata più difficile che Paolo deve affrontare ogni giorno: il profilo delle montagne, l’andamento a zig-zag dell’encefalogramma e la scelta di contenerli tra le pieghe di un leporello – una striscia di carta ripiegata a fisarmonica – che, una volta aperto, rivela la storia di Paolo, la storia di Francesca e la storia di ognuno.
[1] Hervé Guibert, L’immagine fantasma (L’Image fantôme,1981), trad. di M. Martelli, ContrastoBooks, Roma 2021.
[2] Susan Sontag, Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società (On Photography, 1977), trad. di E. Capriolo, Einaudi, Torino, 1978.
[3] “Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto” è lo slogan con il quale nel 1888 George Eastman promosse la Kodak No.1, la prima fotocamera che consentì a tutti di essere fotografi, affidando a Kodak il successivo processo di sviluppo e stampa delle immagini.
[4] Joan Fontcuberta, La furia delle immagini. Note sulla postfotografia (La furia de las imágenes, 2016), trad. di S. Giusti, Einaudi, Torino 2018.
[5] William Burroghs, La scrittura creativa (Electronic Revolution, 1971), trad. di G. Saponaro, SugarCo, Milano 1994.
[6] Dall’intervista di Cristian Siciliano “Un mondo del tutto differente: intervista a Francesca Di Sopra” (http://www.ilmalpensante.it/un-mondo-del-differente-intervista-francesca).
[7] Nel titolo del diario, Paolo indica l’appellativo Mrs. al posto di Mr. in riferimento a James Parkinson, medico che descrisse l’omonima patologia clinica.