Dialogo con Francesco Miressi, delegato regionale FVG FIAF, Federazione Italiana Associazioni fotografiche del FVG.
Parliamo del rapporto originale, copia.
Il doppio in fotografia non è solo una cosa artificiale, surreale, ma rappresenta anche una realtà concreta. Ne è testimonianza un nuovo progetto che si intende promuovere nel territorio regionale. Partendo da una attività di ricerca storica, i luoghi del passato saranno “guardati nuovamente” dagli occhi dei fotografi. Il doppio sarà proprio il dittico composto dal paesaggio antico affiancato a quello presente.
In generale con la fotografia fermo il reale nell’attimo dello scatto.
Il dittico, che viene usato in una fotografia progettuale, mi permette di avere davanti agli occhi il passato ed il presente, di fare un confronto mantenendo inquadratura, focale, proporzioni e profondità.
Nello scatto raddoppio, plasmo, rendo artefatto; mescolo fantasia e realtà, ricompongo.
E’ una tipologia di fotografia che permette di valorizzare e sognare decostruzioni e ricostruzione della realtà secondo la fantasia, senso estetico ed esigenza emozionale del fotografo. Di qui si rende necessario studio ed apprendimento di tecniche digitali con il solo fine di ottenere l’emozione dello sguardo desiderata dal fotografo, raggiungendo effetti di amplificazione della realtà o rivelazione di aspetti inediti.
Fotografare è un modo di vivere, sostiene Henri Cartier-Bresson; il doppio movimento del fotografo che va dall’esterno all’interno, per poi tornare di nuovo all’esterno trasformato sulla base dell’interiorità. Stesso doppio movimento che dovrebbe compiere chi guarda la fotografia.
Ne è un esempio molto palese la tecnica delle esposizioni multiple utilizzata per costruire un paesaggio urbano nuovo, che possa stupire gli occhi di guarda.
Il processo inverso è quello del fruitore della fotografia: è inevitabile che davanti ad un’opera così astratta, ma pur familiare, il percorso di analisi di chi guarda vada alla ricerca di una identificazione e collocazione del luogo rappresentato.
Il percorso inverso è così compiuto.
Propongo sei scatti, che rappresentano il risultato di un percorso di decostruzione e ricostruzione fotografica di un paesaggio urbano comune, sotto gli occhi di molti.
Con la tecnica: doppia esposizione, mosso artistico, collage ed altre.
Il fine giustifica i mezzi. E’ importante per un fotografo avere chiaro nella mente ciò che egli vuole ottenere come risultato del prodotto finito.
Va da sé che le tecniche sono a disposizione di un percorso di sperimentazione e possono essere utilizzate in maniera flessibile dal fotografo, che potrebbe ritrovarsi davanti a dei risultati innovativi che possono stupire lui stesso per primo.
Intelligenza artificiale.
Se ne fa un gran parlare ultimamente. Si tratta di una innovazione sicuramente epocale, che potrebbe portare vantaggi e stupore.
Il fotografo che si sente parte integrante della sua macchina fotografica, ha ben in mente la distinzione tra immagine e fotografia.
Se da un lato l’immagine può essere completamente costruita con il supporto di tecniche digitali ed essere anche totalmente inventata, la fotografia è ciò che il sensore della fotocamera cattura nell’attimo reale dello scatto.
C’è un confine da tener presente e da rispettare. Il fotografo ha davanti a sé una staccionata simbolica oltre la quale c è la pura finzione. Bisogna esserne consapevoli.
La Fiaf allora ci vede doppio?
Si, nel senso che valorizza sia la fotografia tradizionale classica, priva di post produzione, ma apprezza anche e valorizza i lavori che utilizzano nuove tecniche e nuovi strumenti. Il doppio rappresenta in questo contesto una espressione di apertura mentale. Si, FIAF ci vede anche lontano.