… mi chiedo fino a quando vi sentiremo tutte le sere di come salvare
l’Italia senza mai farlo veramente, è come voler affondare
nel fango duro con un bastone di carta. Ora la nazione è unanime
nel pensare che serve un buon amministratore. Bene, trovatelo il
lavoro ai ragazzi e se non lo trovate non dite che è colpa di chi
pensa alla poesia.
Averte vinto perchè ormai ognuno si è convinto che i soldi sono
vostri, che spetta solo a voi gestirli, avete spostato il teatro in
televisione, una farsa perenne in cui non muore nessuno. Bene,
io dico questo: se pure l’Europa ci desse mille miliardi non servirebbe
a molto. Senza una meta, un sogno, non saremmo più
contenti, forse solamente più inquinati e inquinanti.
La transizione ecologica oggi non è un ministero, è prima di tutto
un obbligo, una resa della nostra specie alle altre che stiamo
sterminando.
Io non credo che i poeti siano migliori dei politici, credo in un
mondo plurale, credo alle nuvole e al vento, e credo alle parole di
ognuno, e ognuno può aprire una porta che non si apriva da anni.
E allora aspettiamo con pazienza che la ragione bancaria dia i
suoi frutti, aspettiamo che il diserbante dell’economia uccida bene
le formiche che si annidano in qualche angolo della nostra mente.
Io continuo a credere che ci vorrebbe un ministero del dolore e
uno dell’allegria, penso che sia una follia affidare ai carpentieri
dell’efficienza il breve tempo della nostra vita.
Ripeto, date il lavoro a chi non ce l’ha, le cure a chi servono e poi
per un poco toglietevi davanti, siamo stanchi di quelli che descrivono
la luce e non la danno…