«È un fatto che negli anni ’46 e ’47 ci trovammo fianco a fianco, e con la stessa trepidazione, a esporre in mostre di una certa importanza, insieme ad Afro e a De Pisis…» scriveva Giuseppe Zigaina nella sua introduzione al catalogo Pier Paolo Pasolini/I disegni 1941/1975 (ed. Scheiwiller) a proposito dei loro primi incontri.
Erano anni di grandi cambiamenti quelli che precedettero e seguirono il 1947: la guerra era terminata il 25 aprile del 1945, il 2 giugno 1946 gli italiani furono chiamati a scegliere fra monarchia e repubblica, il 30 maggio 1947 i comunisti vennero fatti dimettere dal governo di unità nazionale e il 1° gennaio 1948 entrò in vigore la nuova Costituzione della neonata Repubblica.
Oggi «… è difficile far rivivere nell’immaginario o anche solo nel ricordo, l’alto grado di partecipazione, di passione e di rischio personale dedicato subito dopo la guerra da alcuni intellettuali friulani al riscatto sociale delle masse sfruttate – scriveva Nico Naldini in 100 anni di cinema da Lumière a Pasolini – Zigaina militava già da tempo in quelle file e quando Pasolini lo conobbe divennero subito amici. Se Casarsa era un tranquillo mondo sociale basato sulla piccola proprietà terriera benedetta dalla Chiesa, a Cervignano e dintorni c’erano tutti i fermenti sociali dell’epoca che Pasolini, grazie a Zigaina, sperimentò direttamente. Ebbe così inizio un rapporto che si potrebbe dire osmotico, in cui il fare artistico nasceva dalla protesta sociale e viceversa.».
Nel 1947, dunque, Pasolini aveva 25 anni e Giuseppe Zigaina 23, entrambi militavano nelle file del PCI, condividevano gli stessi ideali e le stesse passioni per le arti visive, la scrittura e la poesia. Zigaina accompagnava spesso in bicicletta l’amico Pasolini nelle ricerche glottologiche per i borghi della pianura friulana; ricerche sfociate poi nel 1949 nel volumetto di poesie pasoliniane Dov’è la mia patria, edito dalla Academiuta, corredato dai disegni di Giuseppe Zigaina, come ricorda Enzo Siciliano in Vita di Pasolini.
Nell’autunno di quello stesso anno scoppiò a Casarsa lo scandalo sessuale che coinvolse e sconvolse Pasolini. Venne subito esonerato dall’insegnamento ed espulso dal partito comunista. Sarà Zigaina, fra i pochissimi amici rimasti fedeli, a recarsi subito a Casarsa a sostenere l’amico in un momento di profonda e dolorosa difficoltà. Il 28 gennaio 1950 alle cinque del mattino Pier Paolo Pasolini accompagnato dalla madre prese il primo treno per Roma.
Questo distacco improvviso dal Friuli non incise però nel loro rapporto che rimase fitto e costante pur nella diversità di percorsi. Anzi, forse proprio questa distanza fisica contribuì a cementare la lunga e stretta amicizia che legò i due artisti, diversi e contemporaneamente complementari, come Giuseppe Zigaina e Pier Paolo Pasolini. Nei viaggi di ritorno in Friuli Pasolini condivise, infatti, con l’amico Giuseppe Zigaina, a partire dal 1956, una barca a vela che utilizzavano come luogo di incontro e di convivio, luogo di studio e di ricerca per scoprire e conoscere gli angoli più suggestivi e remoti dell’amata laguna di Grado.
Grazie a Zigaina, Pasolini fra le “mote” (piccole isole lagunari) si innamorò dei casoni, semplici capanni costruiti con materiale trovato sul posto come pali, canne e paglia.
Sarà proprio in questi luoghi che nel 1967 Pasolini girerà alcune scene di Edipo re e ritornerà due anni più tardi per girare una parte di Medea con Maria Callas. In quel periodo, ospite di Zigaina, Pasolini riprenderà anche a dipingere con “tecniche miste” in quanto – sono parole dello stesso Zigaina – «da sempre aveva amato le contaminazioni e gli imprevisti … l’uso che egli faceva di alcuni fiori come coloranti o dell’aceto di vino rosso o della calce o della cera … era un lucido tentativo di inventare, a modo suo, un colore/idea, un colore che si stempera nell’eco della memoria, come la parola.». Se Zigaina mantiene vivo in Pasolini il lato pittorico lui ricambia coinvolgendolo nel suo lavoro di regista, come per il film Teorema del 1968 dove il giovane Pietro (interpretato da Andrès José Cruz Soublette), figlio nella finzione filmica di Silvana Mangano e Massimo Girotti, era un pittore. Nel film la mano inquadrata nell’atto di dipingere era quella di Zigaina, così come suoi erano tutti i quadri che apparivano nel film. Ma il 1968 fu soprattutto l’anno della contestazione che coinvolse anche la Mostra del Cinema di Venezia dove Pasolini, pur contestandola duramente, vi si recò per «gettare il proprio corpo nella lotta» come scrisse egli stesso su Il Giorno e dove subì, oltre a dure contro-contestazioni, anche l’ennesima denuncia per oscenità analogamente a quanto era accaduto per i suoi precedenti film portati al Lido.
Nacque, quindi, l’anno dopo, come contraltare alla troppo paludata Mostra del Cinema veneziana (allora ancorata ad uno statuto di epoca fascista), la Settimana Internazionale del Cinema e «grazie all’intervento di Zigaina, Grado divenne la sede alternativa della Mostra veneziana» come scrisse Nico Naldini nel suo saggio su 100 anni di cinema da Lumiere a Pasolini.
Per i successivi tre anni Grado e Zigaina vedranno la costante partecipazione di Pasolini che arriverà a presentare nel 1972, in anteprima italiana, I racconti di Canterbury rimontati dopo la proiezione berlinese, dove vinse l’Orso d’Oro.
Di quei tre spumeggianti anni gradesi non va certo dimenticata l’esperienza della proiezione del Decameron (1971) primo vero grande successo popolare e di cassetta di Pasolini, in cui Zigaina regalò al pubblico una straordinaria e indimenticabile performance attoriale seppur di soli sette minuti. Recitò convintamente nelle vesti del credulone Frate Santo mentre confessa sul letto di morte Ser Ciappelletto (Franco Citti), bestemmiatore, assassino e pedofilo, che per ottenere l’assoluzione, si finge un pio cristiano, e verrà poi sepolto in una cripta dove diventerà oggetto di pellegrinaggi e venerazione.
Dopo quasi trent’anni, questa unica e irripetibile osmotica amicizia, nella notte fra il 1° e il 2 novembre 1975, si interruppe bruscamente con la traumatica morte di Pasolini al Lido di Ostia. Rimase, questa morte, una ferita aperta mai rimarginata in Giuseppe Zigaina, che da allora si dedicò quasi esclusivamente ad approfondire i vari aspetti e sfaccettature della sacralità del mito in Pasolini. Una sorta di ossessione che lo accompagnerà fino alla fine.
Indice
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